Cassazione Civile Sez. II n. 23427 del 1° agosto 2023
di Lucia Giulivi
In principio era il decreto legislativo 231 del 2001 recante la disciplina italiana sulla responsabilità per fatto reato dell’ente.
La norma disponeva e prevede tutt’oggi, una responsabilità nei confronti della società laddove siano compresenti alcuni elementi essenziali quali l’interesse o vantaggio dell’ente conseguente una condotta illecita della specie indicata in uno dei reati contenuti nel medesimo decreto 231 e realizzata da un apicale o da altro soggetto sottoposto all’altrui direzione.
Il dettato del decreto 231 però prevedeva, sin dagli albori, la possibilità per la società di dimostrare la propria estraneità rispetto alla condotta illecita e quindi al vantaggio o interesse realizzato.
L’ente, infatti, non risponde se prova che l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi oppure se dimostra che il modello sia stato eluso fraudolentemente dall’autore del reato.
Ma cosa deve contenere un Modello 231 per essere efficace? quali sono i suoi elementi essenziali e quale il suo ambito di applicazione?
Questi gli interrogativi solleticati dalla pronuncia della Cassazione Civile in commento, chiamata a pronunciarsi sull’operatività del codice etico la cui violazione è stata indicata dal ricorrente quale fondamento di un risarcimento del danno.