di Daniele Carissimi
Nota alla sentenza del TAR Puglia, 23 gennaio 2024, n. 97
L’esigenza di prevedere, valutare ed eventualmente arginare il potenziale impatto ambientale negativo derivante dalla realizzazione di determinate opere ha radici lontane. Tale esigenza è stata tuttavia sin dalle origini accompagnata da istanze di segno opposto volte a denunciare i rischi di un’applicazione aprioristica di quelle logiche secondo cui “la migliore opera per l’ambiente è quella che non si fa”, e ad evidenziare che il progresso economico, culturale e tecnologico della società passa necessariamente anche attraverso la realizzazione di opere a rilevante impatto ambientale. Per fronteggiare tali esigenze, il legislatore ha dunque messo in campo diverse misure di semplificazione e snellimento dei procedimenti di autorizzazione per l’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Tali misure però si scontrano con un atteggiamento talvolta refrattario della giurisprudenza, la quale ha recentemente fatto da sponda a scelte forse troppo prudenti delle amministrazioni competenti a rilasciare i provvedimenti di autorizzazione per la realizzazione degli impianti. Dimostrazione lampante ne è l’ultima sentenza del TAR Puglia, 23 gennaio 2024, n. 97, con la quale è stata negata ad una società la possibilità di realizzare un importante impianto fotovoltaico sul terreno di un'Azienda pubblica locale di servizi alla persona nel foggiano.
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