Descrizione
Cons. di Stato, sez. IV, sent. del 29 maggio 2023, n. 5257
Il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso avverso la sentenza del TAR 1012/2019, sostiene che la privativa comunale non si applica alle attività di recupero dei rifiuti urbani e assimilati.
I Giudici di Palazzo Spada fondano la propria decisione su una lettura complessiva del sistema.
Invero, si ritiene che un regime di privativa e dunque di “riserva di attività”, per essere ammesso nel sistema italiano, debba essere sia previsto da una esplicita norma di legge senza che possa essere ricavato o esteso in via interpretativa, sia giustificato alla luce del principio di concorrenza.
Ebbene, dalle norme sulla gestione integrata del servizio (art. 2, comma 186-bis, L. 191/2009 e art. 25, comma 4, D.L. 1/2012) non si desume in modo espresso l’esistenza di alcuna privativa e tantomeno di una privativa estesa al recupero. Inoltre, le uniche disposizioni che richiamato espressamente la privativa, ossia l’art. 21 D.Lgs. 22/1197 e l’art. 198 TUA, nel primo caso ne eccettuano espressamente il recupero e nel secondo non ne parlano affatto.
Il Consiglio di Stato, poi, conformandosi agli argomenti - ritenuti condivisibili - contenuti nella sentenza C.G.A. Sicilia n. 410/2022, ribadisce che la logica della disciplina europea è quella per cui l’attività di recupero possa essere svolta da più soggetti, purché nel rispetto degli interessi pubblici coinvolti, mentre non vi è spazio per ricavare l’esistenza di una privativa là dove non espressamente prevista.
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