Rappresentanza processuale dell’ente

Descrizione

Cass. pen., sez V, sent. 21 luglio 2022, n. 28963

Come ormai noto ai soggetti interessati dalla normativa di cui al D. Lgs. 231 del 2001, l’ente non può essere rappresentato in giudizio dal legale rappresentante imputato per il reato presupposto.
A stabilirlo è l’art. 39 (rappresentanza dell’ente) del suddetto decreto ai sensi del quale: “l'ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo”.
Tale divieto, peraltro, è assoluto e non ammette deroghe. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 28963 del 14 luglio 2022.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibili, per difetto di legittimazione attiva, i ricorsi presentati da alcune società avverso un’ordinanza del Tribunale del riesame che confermava il sequestro preventivo disposto in relazione ai reati di contrabbando di cui all’art. 25-sexiesdecies del decreto 231, commessi dai soggetti apicali delle stesse (ovvero i legali rappresentanti).
Il difetto di legittimazione attiva, invero, è dipeso dal fatto che i soggetti costituitisi in giudizio in rappresentanza delle società, sono stati incaricati tramite apposita procura speciale direttamente dai rappresentanti legali delle stesse imputate per i reati presupposti di cui all’art. 25-sexiesdecies (delitti di contrabbando) e, quindi, dasoggetti in posizione di incompatibilità ai sensi dell’art. 39 del decreto 231.
Sul punto, infatti, gli Ermellini hanno specificato che, l’incompatibilità con i legali rappresentanti imputati per il reato presupposto, non sussiste solo ai fini della costituzione in giudizio dell’ente ma anche per ogni altro atto che venga compiuto in rappresentanza dello stesso.
Come si legge dal testo della sentenza, infatti “gli indagati per reati commessi nell'interesse o a vantaggio dell'ente da ciascuno rispettivamente rappresentato, oltre a non potersi costituire secondo le modalità formali previste dall'art. 39 cit., commi 2 e 3, non avrebbero potuto porre in essere alcun altro atto funzionale a manifestare la volontà della società nel processo, tanto meno provvedendo (come, invece, hanno fatto) alla nomina di altro amministratore, atto al quale l'Ente avrebbe dovuto provvedere, non già attraverso il proprio rappresentante legale in posizione di incompatibilità per conflitto di interessi con l'ente medesimo, ma individuando, secondo la disciplina civilistica, altra persona fisica legittimata a rappresentare l'ente”.
In ragione di quanto sopra, quindi, la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dalle società a mezzo di procuratore nominato dai legali rappresentanti imputati ed ha condannato le stesse al pagamento delle spese processuali.

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