Descrizione
Cass. pen., Sez. III, sent. del 7 marzo 2022, n. 8088
I principi informatori della speciale disciplina che consente di sottrarre le rocce e terre da scavo alle regole in tema di gestione dei rifiuti, pur dopo l’abrogazione dell’art. 186 D.Lgs. 152/2006, hanno trovato sostanziale conferma, dapprima nel DM 6 ottobre 2012, n. 161 e, successivamente, nel DPR 120/2017, che oggi regola la materia.
A ribadirlo è stata la Cassazione con la pronuncia 8088/2022, che dichiara inammissibile il ricorso proposto dal legale rappresentante di una ditta condannato, ai sensi dell’art. 2565, comma 2, D.Lgs. 152/2006, per deposito incontrollato di rifiuti consistenti in terre e rocce da scavo.
Dalla sentenza emerge che la classificazione di detto materiale quale sottoprodotto è subordinata alla prova positiva, gravante sull’imputato, della sussistenza delle condizioni previste per la sua operatività, in quanto disciplina avente natura eccezionale e derogatoria rispetto a quella ordinaria.
A tal fine, occorre la presenza di caratteristiche chimiche che escludano una effettiva pericolosità per l’ambiente, l’approvazione di un progetto che ne disciplini il reimpiego, nonché la prova dell’avvenuto rispetto dell’obbligo di reimpiego secondo il progetto.
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