L’impugnabilità dei regolamenti TARI: la sintesi del T.A.R. Brescia

EDITORIALE, 15/09/2021

La Tassa sui Rifiuti (cd. TARI), istituita con L. 27.12.2013, n. 147, è un contributo comunale dovuto nei casi di possesso o detenzione, a qualunque titolo, di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani, la cui disciplina di dettaglio è rimessa ai singoli Comuni che, con delibera consiliare, approvano a cadenza annuale le tariffe, nonché il regolamento modificativo della disciplina sulla TARI.

Ma cosa succede se questa disciplina di dettaglio contenuta nel regolamento comunale si rivela contraria a quanto prescritto dalla legge? È possibile impugnare davanti al giudice amministrativo un atto che non è diretto ad un soggetto determinato, ma ad una cerchia indistinta di destinatari?

Sul punto il T.A.R. Brescia (Sez. I, 4.03.2019, n. 213) ha recentemente riepilogato i limiti entro cui l’impugnazione delle delibere approvative della TARI possono essere impugnate innanzi al giudice amministrativo.

Il caso traeva origine dalla impugnazione di una delibera di approvazione della disciplina TARI (e del regolamento allegato) sulla base della quale il Comune notificava due avvisi di pagamento per omesso versamento del tributo.

Il destinatario degli avvisi impugnava quindi la delibera consiliare, lamentando la mancata specificazione delle ragioni dell’incremento della tariffa per le attività di “carrozzeria, autofficina, gommista ed elettrauto” e contestando, quindi, la legittimità del regolamento TARI sul quale si fondavano gli avvisi di pagamento.

Ebbene, i giudici amministrativi si sono anzitutto focalizzati sulla natura della delibera.

Ed infatti, se di regola gli atti generali non sono direttamente impugnabili, in quanto riferiti a destinatari non determinati e, pertanto, non direttamente lesivi di una posizione giuridica soggettiva, dovendosi quindi attendere l’adozione di un provvedimento ad personam che si fonda sull’atto generale della cui legittimità si dubita, tale regola trova un limite allorquando l’atto generale già contenga delle prescrizioni direttamente precettive e lesive.

Ed infatti si legge in giurisprudenza che “i regolamenti e gli atti amministrativi generali sono impugnabili in via diretta solo ove contengano disposizioni in grado di ledere in via diretta ed immediata le posizioni giuridiche soggettive dei destinatari; negli altri casi, divengono impugnabili solo quando sorge l’interesse a ricorrere, ovvero assieme all’atto applicativo che produca una lesione effettiva, e non solo ipotetica o futura” (cfr., ad esempio, Cons. Stato, sez. IV, 13.04.2020, n. 1159).

Nel caso di specie, i giudici bresciani hanno ritenuto che la DCC fosse immediatamente lesiva degli interessi del ricorrente: ed invero, l’incremento della tariffa per quella particolare tipologia di attività doveva ritenersi immediatamente lesivo della posizione della società ricorrente, che svolgeva appunto attività di carrozzeria.

Da questa impostazione ne è tuttavia derivato, quale corollario, l’irricevibilità del ricorso per tardività del deposito.

Invero, se l’atto generale risulta immediatamente lesivo, il dies a quo decorre dalla pubblicazione dell’atto sull’albo pretorio (online) e il mancato rispetto del termine determina l’inammissibilità del ricorso.

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