L’Ufficio del Massimario pubblica la “relazione su novità normativa” n. 16/2021 sulla decreta avente ad oggetto la “novità normativa” di cui al d.l. con il quale il legislatore ha letteralmente impedito l’abrogazione dei reati agroalimentari che si sarebbe verificata il 26.3.2021, per l’effetto della entrata in vigore del d.lgs. 27/2021. Questa la sequenza temporale:
- l. 283/1962 contenente alcuni reati agroalimentari;
- art. 18 d.lgs. 27/2021, abrogativo di alcuni reati, pubblicato in GU l’11 marzo 2021, che sarebbe entrato in vigore il 26 marzo, dopo i canonici 15 giorni di vacatio legis;
- d.l. 42/2021, impeditivo della abrogazione, pubblicato GU il 25 marzo 2021, ed entrato in vigore il 26 marzo 2021, giusto in tempo per impedire l’effetto abrogativo.
La relazione, dopo aver ripercorso la vicenda (par. 1) e aver spiegato le ragioni che hanno spinto il legislatore ad avvalersi dello strumento della decretazione d’urgenza (par. 2) si sofferma sulle ricadute sostanziali del d.l. 42/2021 e sui profili di diritto intertemporale (par. 3). Infine, la relazione esamina alcuni aspetti relativi ai “controlli ufficiali” in materia agro-alimentare, inseriti dal d.lgs. 27/2021.
Con riguardo ai profili di diritto intertemporale (par. 3), nella relazione si precisa che “il ripristino, prima dell’entrata in vigore delle disposizioni abrogatrici, dell’intera disciplina penal-sanzionatoria in materia alimentare, assicura perfetta continuità normativa, senza alcuna “frattura”, e scongiura – per espressa volontà dei compilatori – il (rinnegato) effetto abrogativo (abolitivo) integrale”.
In altre parole, nella sequenza temporale sopra riportata, il fatto che l’art. 18 d.lgs. 27/2021 non sia mai entrato in vigore ha precluso l’abrogazione (cd. abolitio criminis). Eppure, secondo la Corte “occorre distinguere, a ben vedere, tra diverse situazioni”.
Più in particolare, “la mancata entrata in vigore della norma abolitrice intermedia […] preclude ogni possibilità di far valere l’abolitio criminis delle contravvenzioni in materia: - “sia pro futuro, cioè relativamente a fatti-reato commessi a partire dal 26 marzo 2021”; - “sia pro praeterito, cioè relativamente a fatti pregressi commessi nel vigore delle norme incriminatrici (mai validamente né efficacemente abrogate)”.
Cosa ne è, invece, degli eventuali fatti di reato commessi durante la vacatio legis dell’art. 18 d.lgs. 27/2021, cioè tra l’11 marzo 2021 e il 26 marzo 2021 (cd. fatti concomitanti)? In teoria, in ragione del fatto che, in quei 15 giorni, l’abrogazione non era entrata in vigore, questi fatti dovrebbero essere sottoposti a sanzione penale. Tuttavia, nella relazione si dà conto di un “recente indirizzo di legittimità favorevole all’applicabilità in giudizio dello ius novum più favorevole al reo già durante il periodo di vacatio legis”.
In altri termini, sebbene l’efficacia della legge abrogatrice sia sospesa durante i 15 giorni di vacatio legis, si rammenta che, potenzialmente, stando a questa giurisprudenza, “chi fosse tratto a giudizio per rispondere di una delle contravvenzioni alimentari di cui alla (ripristinata) l. n. 283 del 1962 commessi tra l’11 ed il 25 marzo 2021, rifacendosi a detti arresti giurisprudenziali (Sez. 1, n. 39977 del 14/5/2019, cit., Sez. 1, n. 53602 del 18/5/2017, cit.), potrebbe invocare i (provvisori) effetti abrogativi di favore siccome (preannunciati, conosciuti e asseritamente) già consolidatisi durante il periodo di vacatio della norma abolitrice intermedia (promulgata e pubblicata, benché poi a sua volta abrogata), così da potersi giovare dell’aspettativa abolitiva a fini assolutori (non già “perché il fatto è più previsto dalla legge come reato” – ostandovi il dato legalistico – ma) quantomeno “perché il fatto non costituisce reato ex art. 5 cod. pen (nella supposta sussistenza di un errore di diritto inevitabile e, quindi scusabile)".
Al contempo, si ricorda nondimeno che a tale conclusione “si opporrebbe comunque il noto principio giurisprudenziale secondo il quale, in caso di oscurità del dettato normativo sulla regola di condotta da seguire, non è possibile invocare la condizione soggettiva di ignoranza inevitabile, atteso che, in caso di dubbio, si determina un obbligo di astensione dall’intervento”. Per effetto di tale principio (cd. in dubiis abstine), pertanto, l’agente non potrebbe invocare a proprio favore l’ignoranza inevitabile della legge. Infine, si legge nella relazione che “quand’anche, infine, si dovesse ritenere non ostativa la suddetta regola dell’in dubiis abstine, ri(acquisterebbe) rilievo la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 1, lett b) e c) del d.lgs. n. 27 del 2021 per eccesso di delega […]. Il che condurrebbe ad affermare definitivamente la perdurante rilevanza penale non solo dei fatti pregressi […] ma anche di quelli concomitanti”.
Si tratta, con tutta evidenza, di complesse questioni che chiamano in causa alcuni fondamentali principi costituzionali del diritto penale, quali il principio di legalità, la successione di leggi penali nel tempo e il principio di colpevolezza, sui quali si pronuncerà eventualmente la giurisprudenza futura.
La relazione è reperibile sul sito della Corte di Cassazione, al seguente link:
https://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/documents/Rel.16-2021.pdf