Cosa accade se il titolare di una impresa o comunque il responsabile di un ente abbandona rifiuti non di propria produzione? Incorre nel reato ex art. 256, comma 2?
La Cass. Sez. III, del 21 novembre 2019, n. 47285 si pronuncia sul punto.
Si ricorda non solo che ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 256, comma 1, trattandosi di illecito istantaneo, è sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative previste dalla norma (“ Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216…”), purché costituisca un'attività di gestione di rifiuti e non sia assolutamente occasionale.
Ma venendo al comma 2 (“Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2”) si afferma che il reato può essere commesso dai titolari di impresa o responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato non solo i rifiuti di propria produzione, ma anche quelli di diversa provenienza. Il collegamento tra le fattispecie previste dal primo e dal secondo comma dell'art. 256 cit. (già d.lgs. n. 22 del 1997, art. 51) infatti riguarda il solo trattamento sanzionatorio e non anche la parte precettiva.