Rifiuti sanitari sterilizzati. Ma è davvero solo ora possibile gestirli come urbani?

EDITORIALE, 01/06/2021

La possibilità di gestire secondo la disciplina sui rifiuti urbani i rifiuti sanitari sterilizzati è stata recentemente interessata da diversi interventi legislativi, anche da quelli promossi nell’ambito della emergenza sanitaria da Covid19.

Tali interventi sono stati accolti con favore dagli operatori del settore e definiti come un intervento normativo di portata innovativa, ma lo sono stati davvero?

Ed invero le differenze tra il regime previsto dal DPR 254/2003 precedentemente e quello recentemente introdotto non risultano essere particolarmente significative sotto il profilo della gestione.

La Legge di conversione 5 giugno 2020, n. 40 del Decreto-Legge 8 aprile 2020, n. 23 (cosiddetto D.L. Liquidità) ha, infatti, introdotto l’art. 30-bis rubricato “Norme in materia di rifiuti sanitari” disponendo che - a determinate condizioni e per un periodo transitorio non superiore a 30 giorni - i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a procedimento di sterilizzazione fossero “sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani”.

Successivamente, il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (cosiddetto D.L. Semplificazione) convertito in legge con modificazioni dalla Legge 11 settembre 2020 n. 120, è nuovamente intervenuto sul punto con l’art. 63-bis rubricato “Semplificazione per la gestione dei rifiuti sanitari”, il quale ha eliminato il riferimento al termine temporale di 30 giorni, rendendo stabile e non transitorio il regime introdotto dall’art. 30-bis D.L. 23/2020.

Ed invero, la gestione come urbani dei rifiuti sanitari a solo rischio infettivo sottoposti a procedimento di sterilizzazione in situ disciplinata dall’art. 2 comma 1, lett. m) DPR 254/2003 era prevista anche prima dell’entrata in vigore della Legge di conversione del cd. Decreto Liquidità.

Le uniche differenze introdotte dall’art. 30-bis DL Liquidità e confermate dall’art. 63-bis DL Semplificazione rispetto alla normativa precedente risultano dunque essere solo le seguenti:

  • prima dell’emanazione del DL Liquidità tali rifiuti dovevano essere assoggettati ad un procedimento di assimilazione conforme alle disposizioni contenute nel Regolamento del Comune territorialmente competente mentre nella vigenza di tali norme l’equiparazione è prevista ex lege e non ha alcun limite quali-quantitativo;
  • dopo l’entrata in vigore dei predetti Decreti sembra essere possibile una deroga a quanto stabilito dall’art. 2 c. 1, lett. g) n. 8) D.P.R. 254/2003, circa la destinazione dei rifiuti ad inceneritore di rifiuti urbani o in discarica qualora nella regione di produzione del rifiuto non siano presenti, in numero adeguato al fabbisogno, né impianti di produzione di CDR, né impianti che utilizzano i rifiuti sanitari sterilizzati come mezzo per produrre energia, né impianti di termodistruzione.

Quanto al primo profilo, la necessaria assimilazione dei rifiuti sanitari sterilizzati in situ come rifiuti urbani, indipendentemente dalla presenza di un Regolamento comunale che preveda e disciplini tale ipotesi emerge anzitutto dal dato letterale dell’art. 30-bis D.L. 23/2020 e del successivo art. 63-bis D.L. Semplificazione, i quali prevedono espressamente che “i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a processo di sterilizzazione […] sono sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani”, senza tuttavia subordinare l’applicabilità di tale previsione al successivo recepimento da parte dei Comuni.

Nondimeno, nella Relazione tecnica di passaggio allegata alla legge di conversione del Decreto Liquidità[1], con riferimento all’art. 30-bis, si legge che “la norma […] si limita a prevedere che, nel caso in cui i rifiuti sanitari a rischio infettivo […], tali rifiuti siano sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani” e ancora “non si vincolano le strutture sanitarie  pubbliche e private a procedere alla sterilizzazione in situ dei rifiuti sanitari a solo rischio infettivo, ma si prevede, nel caso ciò avvenga, una qualificazione ex lege del rifiuto risultante da tale trattamento […]”.

Deve pertanto ritenersi che, in base all’art. 30-bis del Decreto Liquidità come modificato dall’art. 63-bis Decreto Semplificazione, i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo sterilizzati in situ secondo le modalità previste dal DPR 254/2003, debbano essere ex lege assimilati agli urbani e assoggettati alla disciplina prevista per questi ultimi senza che sia necessario, per rendere applicabile la norma, il recepimento di tale previsione in un Regolamento comunale.

Con l’ulteriore apertura che non vi è, in base alla norma, l’ulteriore limite della destinazione a smaltimento in impianti di incenerimento o discariche. 


[1] Relazione tecnica di passaggio allegata alla conversione in Legge del D.L. 8 aprile 2020 n. 23. Nota prot. 76466/2020 del 29 maggio 2020.

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