Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, con la risposta all’interpello presentato dalla Regione Lazio del 4 ottobre 2023, interviene sul tema del riutilizzo in situ delle acque reflue, chiarendo:
- se, in assenza di disposizioni normative nazionali, le istanze presentate dalle ditte che prevedono il riutilizzo in situ delle acque reflue depurate, possano essere accolte dagli Enti competenti ovvero se il vuoto normativo in materia equivalga ad un esplicito divieto;
- la disciplina autorizzativa da applicare nel caso in cui sia consentito il riutilizzo.
Al riguardo, il Dicastero sostiene che l’assenza di disposizioni sul tema non inibisce il riutilizzo in situ delle acque reflue. Nello specifico prevede che “il riutilizzo in situ di acque reflue, nella misura in cui non è oggetto di un esplicito divieto, né di una disposizione che ne condizioni l’esercizio all’ottenimento di una specifica autorizzazione al riutilizzo, deve essere considerata, non sottoposta all’autorizzazione prevista dalle disposizioni nazionali e sovranazionali in materia di riutilizzo di acque reflue”.
Tuttavia, benché non si richieda la specifica autorizzazione al riutilizzo delle acque reflue, il Ministero non ritiene possibile considerare il riutilizzo in situ delle acque reflue come un’attività libera in senso assoluto.
Sostiene, pertanto, che l’attività in esame segua il regime giuridico della fattispecie su cui insiste. Con ciò a dire che il gestore sarà tenuto a munirsi del titolo abilitativo previsto per l’attività industriale “a monte” o per la destinazione “a valle”.