La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13455/2024, ribadisce che “in presenza di locali destinati alla produzione di rifiuti speciali non assimilati, per lo smaltimento dei quali il contribuente deve necessariamente provvedere in proprio tramite un operatore qualificato, l’esenzione dal pagamento della quota variabile della tariffa è totale, fermo restando, tuttavia, l’obbligo del pagamento della quota fissa, che non è parametrata alla quantità dei rifiuti gestiti dal servizio pubblico e ai costi di erogazione di tale servizio, ma è destinata per legge alla copertura dei costi di investimento ai quali debbono partecipare tutti i possessori di locali all’interno del territorio comunale, in quanto astrattamente idonei ad ospitare attività antropiche inquinanti e, dunque, a costituire un carico per il gestore del servizio”.
Nel caso di specie, la Cassazione – coerentemente con quanto deciso in primo grado e in appello – riconosce che il contribuente ha assolto all’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare del diritto alla riduzione o esenzione, in quanto produttore di rifiuti di imballaggi terziari, per i quali opera il divieto di immissione nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani, cioè, in sostanza, il divieto di assoggettamento al regime di privativa comunale.
Tuttavia, accoglie in parte il ricorso del Comune, in quanto la sentenza impugnata non ha tenuto conto che la parte fissa del tributo era comunque dovuta, a fronte della potenziale idoneità della superficie a produrre rifiuti urbani.