La possibilità di avere vicino alla propria abitazione un centro di raccolta di rifiuto istintivamente fa storcere il naso a chiunque.
Il pregiudizio verso qualsiasi attività che attiene ai rifiuti è ancora forte, non rilevando se la struttura allestita in concreto svolga mera attività di raccolta piuttosto che operazioni di trattamento.
D’altronde come dare torto a chi associa a tali attività immediatamente un pregiudizio, alla luce della gestione dei rifiuti condotta nel nostro Paese, con realtà che ne hanno risentito più di altre.
È necessario, quindi un rinnovamento dell’intera filiera di gestione dei rifiuti, affinché non si registrino più quelle situazioni che le cronache tendono a definire “emergenze rifiuti”.
Perché se da un lato si può storcere il naso all’idea di un centro di raccolta come vicino di casa, è indubbio che nessuno apprezza cumuli di rifiuti davanti la porta, in attesa che qualcuno venga a ritirarli.
Una riforma della filiera dei rifiuti, tuttavia, non può che partire dall’apice, ossia dal conferimento e dalla raccolta di quanto prodotto principalmente dalle utenze urbane.
Al riguardo, la struttura normativamente prevista per assolvere tale compito non può che essere individuata nei centri di raccolta, definiti dal Testo Unico ambientale come “l’area presidiata ed allestita, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l’attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento”.
In altri termini, è l’isola ecologica dove le utenze domestiche e non domestiche (anche mediante il gestore del servizio pubblico e gli altri soggetti tenuti al ritiro di specifiche tipologie di rifiuti dalle utenze domestiche) possono conferire i rifiuti.
Per assolvere a tale compito sembrerebbe necessario che tali strutture siano ubicate in prossimità delle zone residenziali.
Ma ciò è possibile? Può in concreto un Comune allestire un centro di raccolta nel tessuto urbano?
La risposta è giunta davanti al Consiglio di giustizia amministrativo per la Regione siciliana, che si è espresso favorevolmente sul tema.
Precisamente, ha affermato che “trattandosi di un servizio generalizzato e necessario in ogni quartiere – e dunque da organizzare pervasivamente in ogni zona urbana” il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana afferma che “è fisiologico che la sua ubicazione nel tessuto urbano prescinda, tendenzialmente, dalla destinazione urbanistica delle singole aree”.
Pertanto, vista le caratteristiche e le funzioni delle strutture in esame, dalla sentenza emerge che possono essere ubicate ovunque ciò sia utile, equiparandole, di fatto, ai servizi che devono operare sull’intero territorio comunale al pari del servizio elettrico, idrico e del gas.
Cambia la prospettiva, quindi, da fonte di pregiudizio alla comunità i centri di raccolta devono intendersi come un vero e proprio servizio pubblico, confidando che possano presto mutare anche le abitudini di una parte di cittadini.