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I fanghi trovano la loro definizione nel d. lgs. n. 152/2006, Parte III, che riguarda la tutela delle acque dall’inquinamento e la gestione delle risorse idriche. Infatti, il Testo Unico ambientale, nel recepire la direttiva quadro sulle acque1, ha predisposto una regolamentazione unitaria, proseguendo la via tracciata dal d. lgs. 152/19992.
L’art. 74, comma 1 lett. bb), così, definisce “fanghi”: “i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane”.
Si tratta, quindi, del residuo esitante dai processi di depurazione (innanzitutto di sedimentazione) delle acque reflue.
Tanto per chiarire, lo stesso articolo3 definisce e classifica le acque reflue in:
• “domestiche”: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;
• “industriali”: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diversi dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento;
• “urbane”: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato.
Se inoltre leggiamo il d. lgs. n. 99/19924, relativo all’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, sappiamo che per fanghi si intendono “i residui derivanti dai processi di depurazione”5.
Pur definiti, pertanto, nella Parte III del Testo Unico ambientale, ai fanghi da depurazione si applica quanto disposto dalle norme contenute nella Parte IV, ossia la disciplina sui rifiuti.
L’art. 127, comma 1, TUA6 dispone infatti che “ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del complessivo processo di trattamento nell’impianto di depurazione. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato”. Al secondo comma, inoltre, si vieta lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.
Peraltro l’ingresso dei fanghi da depurazione nella normativa dei rifiuti non è una novità introdotta con il Testo Unico Ambientale, che non fa che riallacciarsi a quanto già disposto dal d. lgs. 152/1999, all’art. 48.
In conclusione ai fanghi da depurazione si applica la disciplina sui rifiuti.