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Per costante giurisprudenza costituzionale, la disciplina degli ambiti territoriali ottimali è riconducibile alla competenza statale in materia sia di tutela dell’ambiente sia di tutela della concorrenza1. Allo Stato, infatti, spetta la disciplina del regime dei servizi pubblici locali, vuoi per i profili che incidono in maniera diretta sul mercato, vuoi per quelli connessi alla gestione unitaria del servizio2.
Con particolare riferimento al Servizio idrico integrato, poi, la competenza in materia di tutela della concorrenza consente allo Stato di intervenire per superare situazioni di frammentazione nonché garantire la competitività e l’efficienza del settore3.
La ricerca della dimensione ottimale dell’ATO, all’interno del quale viene erogato il servizio, consente di identificare l’estensione geografica che meglio permette di contenere i costi della gestione, favorendo l’apertura del mercato in una prospettiva competitiva4.
Venendo al Testo Unico Ambientale, ai sensi dell’art. 147, comma 1, i servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle Regioni, che con delibera, provvedono ad individuare gli enti di governo d’ambito. Alle Regioni è attribuita la facoltà di modificare la dimensione degli ATO, che tuttavia deve essere di norma non inferiore almeno a quella del territorio provinciale5. La deroga delle dimensioni definite dalla legislazione statale è possibile, ma deve rispettare i criteri stabiliti dalla stessa, costituiti dall’unità del bacino idrografico, dall’unicità e dall’adeguatezza della gestione6. La deroga è consentita purché la Regione motivi la scelta “in base a criteri di differenziazione territoriale e socio-economica e in base a principi di proporzionalità, adeguatezza ed efficienza rispetto alle caratteristiche del servizio, anche su proposta dei comuni […]”7.
La Corte Costituzionale chiarisce che dal dato normativo si evince che la facoltà della Regione di intervenire in materie ascrivibili alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, quali la tutela della concorrenza e la tutela dell’ambiente, implica la possibilità di derogare alla disciplina definita dalla legge statale sulle dimensioni ottimali degli ambiti territoriali, nel rispetto del modulo procedimentale e dei criteri fissati dalla legislazione stessa, motivando la scelta compiuta in modo da garantire la controllabilità della discrezionalità esercitata nelle competenti sedi giurisdizionali8.
La Corte ha , quindi, da ultimo dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, e 2 della legge della Regione Liguria 23 settembre 2015, n. 17, recante “Modifiche alla legge regionale 24 febbraio 2014, n. 1” (Norme in materia di individuazione degli ambiti ottimali per l’esercizio delle funzioni relative al servizio idrico integrato e alla gestione integrata dei rifiuti) in quanto le disposizioni impugnate, omettendo ogni riferimento ai criteri necessari per discostarsi dalla norma statale, sono lesive della normativa interposta, arrecando un vulnus alla potestà legislativa esclusiva dello Stato nelle materie di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost.
In conclusione, alle Regioni è attribuita la facoltà di modificare la dimensione degli ATO. La deroga delle dimensioni definite dalla legislazione statale è possibile, ma deve rispettare i criteri stabiliti dalla stessa, costituiti dall’unità del bacino idrografico, dall’unicità e dall’adeguatezza della gestione ed è consentita purché la Regione motivi la scelta in base a criteri di differenziazione territoriale e socio-economica e in base a principi di proporzionalità, adeguatezza ed efficienza rispetto alle caratteristiche del servizio, anche su proposta dei comuni.