Cessazione della qualifica di rifiuto: competenza delle Regioni o dello Stato?

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Una recente sentenza del Consiglio di Stato1, ha affermato che spetta solo allo stato (con il Ministero dell’Ambiente) il potere di stabilire cosa possa essere qualificato come “end of waste”, cioè materiale non più considerato come rifiuto in quanto oggetto di trattamento e recupero differenziato.

Tale decisione si fonda, infatti, sul dato letterale fornito dall’art. 6 della direttiva 2008/98/CE Rifiuti, ai sensi del quale, in assenza di criteri a livello comunitario, e solamente in tal caso, gli Stati membri possono decidere, caso per caso, se un determinato rifiuto abbia cessato di essere tale e possa essere qualificato, quindi, come EoW, tenendo conto della giurisprudenza applicabile.

Sono esclusi dal processo, pertanto,  enti e/o organizzazioni interne allo Stato, quali le Regioni, in quanto il riferimento normativo della Direttiva va all’intero territorio di uno Stato membro.

Questo il nodo su cui si è sviluppata la sentenza del Consiglio di Stato n.1129/2018 che ribalta la sentenza del TAR Veneto n.1422/2016, con cui, in seguito al ricorso presentato dalla Società interessata, aveva rilasciato nulla osta ad un’attività di trattamento e recupero di rifiuti costituiti da pannolini e assorbenti, qualificandola come attività di recupero di tipo R3.

La Regione Veneto, infatti, ha impugnato la suddetta Sentenza con la quale veniva annullata la delibera della Giunta Regionale del Veneto 16 agosto 2016 n. 1319 con cui, recependo il parere reso dalla Commissione tecnica regionale, sez. ambiente, aveva respinto la richiesta di qualificare le attività svolte in impianto come attività di recupero “R3”, finalizzate alla produzione di materie prime secondarie (MPS), e le ha invece classificate come “R13: messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12” e “R12: scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R11”.

La Giunta Regionale, quindi, aveva  autorizzato la società ad effettuare le modifiche all’impianto sperimentale e ad esercitate l’attività nel rispetto delle prescrizioni contenute nel parere, ma senza modificare la classificazione delle operazioni di recupero consentite all’impianto, e cioè da R12 e R13 a R3.

Ebbene, il Consiglio di Stato su Appello della Regione Veneto, ha riconfermato quanto espresso nella Delibera della Giunta Regionale che il TAR aveva invece annullato affermando che: “se, in linea generale, la disciplina della cessazione della qualifica di “rifiuto” è riservata alla normativa comunitaria, nondimeno questa ha consentito che, in assenza di proprie previsioni, gli Stati membri possano valutare caso per caso tale possibile cessazione - si ripete, solo in assenza di indicazioni comunitarie e, dunque, non in contrasto con le stesse - dandone informazione alla Commissione.

Il destinatario del potere di determinare la cessazione della qualifica di rifiuto è, per la Direttiva, lo “Stato”, che assume anche obbligo di interlocuzione con la Commissione.

La stessa Direttiva UE, quindi, non riconosce il potere di valutazione “caso per caso” ad enti e/o organizzazioni interne allo Stato, ma solo allo Stato medesimo, posto che la predetta valutazione non può che intervenire, ragionevolmente, se non con riferimento all’intero territorio di uno Stato membro”.

Non può essere condiviso, dunque quanto sostenuto dalla Società appellata, secondo la quale la Direttiva UE n. 98/2008, andrebbe interpretata nel senso di consentire allo Stato membro, in tutte le sue articolazioni, incluse le Regioni (a ciò delegate dallo stesso Stato membro) e gli enti eventualmente delegati dalle stesse Regioni per le procedure di autorizzazione” di stabilire i criteri EoW (cioè i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto).

In conclusione, quindi, Il potere di determinare la cessazione della qualifica di rifiuto spetta, ai sensi della Direttiva 19 novembre 2008 n. 2008/98/CE, allo “Stato”, che assume anche obbligo di interlocuzione con la Commissione, e non alle Regioni. Laddove si consentisse ad ogni singola Regione, di definire, in assenza di normativa UE, cosa è da intendersi o meno come rifiuto, ne risulterebbe vulnerata la ripartizione costituzionale delle competenze tra Stato e Regioni.


1 Cons. Stato Sez. IV, Sent., 28 febbraio 2018, n. 1229.

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