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La definizione di “produttore di rifiuti” è oggi contenuta nell’art. 183, c. 1 lett. f) del D.Lgs. n. 152/06, così come modificata dall’art. 11, comma 8, legge n. 125 del 2013, poi dall’art. 11, comma 16-bis della legge n. 125 del 2015: “Produttore” è “il soggetto la cui attività produce rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore)”.
Originariamente la definizione di produttore comprendeva esclusivamente “il soggetto la cui attività produce rifiuti”. La giurisprudenza prevalente sosteneva che gli oneri della corretta gestione dei rifiuti incombevano esclusivamente su colui il quale svolgeva materialmente una determinata attività1. Pur ammettendo che ogni soggetto che intervenisse nello smaltimento degli stessi avesse il dovere d’accertarsi che colui al quale fossero consegnati i materiali fosse fornito della necessaria autorizzazione, si scongiurava che anche il committente di lavori edili o urbanistici fosse “garante” della corretta gestione dei rifiuti da parte dell’appaltatore.
La giurisprudenza minoritaria sosteneva invece una interpretazione estensiva della nozione di “produttore” riferibile non solo al soggetto dalla cui attività materiale fosse derivata la produzione dei rifiuti, ma anche al soggetto al quale fosse giuridicamente riferibile detta produzione ed a carico del quale fosse quindi configurabile, quale titolare di una posizione definibile come di garanzia, l’obbligo, sancito dall’art. 10, comma 1, d.lgs. n. 22 del 1997 cit., di provvedere allo smaltimento dei detti rifiuti2.
Alla stregua del novellato dato normativo, la giurisprudenza afferma che l’appaltatore, in ragione della natura del rapporto contrattuale che lo vincola al compimento di un opera o alla prestazione di un servizio con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio è, di regola, il produttore del rifiuto e in ragione di ciò è gravato degli oneri relativi. Salvo i casi particolari, ove per la particolarità dell’obbligazione assunta o per la condotta del committente, concretatasi in ingerenza o controllo diretto sull’attività dell’appaltatore, tali oneri si estendono anche al committente3. Il committente assumerebbe la qualifica di “produttore” non automaticamente, ma solo a fronte di una ingerenza o controllo diretto sull’attività dell’appaltatore e nel caso in cui il coinvolgimento nella gestione dei rifiuti risulti provato4.
La dottrina osserva che sulla base dell’innovazione normativa sono ravvisabili due diverse fattispecie di responsabilità: la responsabilità di gestione della tracciabilità del rifiuto prodotto fino a trattamento finale, propria del produttore effettivo del rifiuto; la responsabilità in vigilando sulla gestione del produttore effettivo del rifiuto, propria del committente dell’attività che produce il rifiuto.
Si osserva, tuttavia, che sarebbe illogico desumere da ciò una duplicazione degli obblighi, ma la completa e corretta gestione amministrativa della produzione di rifiuti (FIR, registri, MUD e Sistri) finalizzata alla tracciabilità del rifiuto graverebbe sul produttore “effettivo” (fisico, materiale) del rifiuto, mentre la gestione amministrativa per il committente (al quale è giuridicamente riferibile la produzione) si fonderebbe sulla diligenza della condotta in vigilando derivante dalla “posizione di responsabilità soggettiva”5.
In conclusione “produttore materiale” di rifiuti è, ai sensi dell’art. 183, c. 1 lett. f) del D.Lgs. n. 152/06, il soggetto dalla cui attività materiale deriva la produzione dei rifiuti e “produttore giuridico” il soggetto al quale è giuridicamente riferibile la produzione.