Contenuto
Il titolare di un autolavaggio, che scarica in pubblica fognatura le acque reflue provenienti dal piazzale adibito al parcheggio delle automobili e al loro lavaggio, deve autorizzarsi allo scarico?
A chiederlo sono gli operatori del settore e la questione non è di poco conto, in quanto propendere per il si, significa che tutti coloro che fino a oggi non si sono autorizzati, rischiano la condanna per il reato di cui all’art. 137, comma 1, del D.Lgs 152/2006, che punisce appunto le condotte di scarico non autorizzato.
A ben vedere, tutto ruota attorno alla possibile qualificazione delle “acque di lavaggio” come assimilate a quelle domestiche.
Le acque assimilate alle domestiche – intese come quelle solo apparentemente industriali, in quanto non presentano le caratteristiche specifiche e selettive di queste ultime (art. 101, co. 7 del TUA) – infatti partecipano del regime giuridico delle acque domestiche e pertanto se recapitano in pubblica fognatura non devono essere autorizzate. Si precisa a tal proposito che le acque domestiche sono quelle che derivano prevalentemente dal metabolismo umano e dalle attività domestiche.
Le acque industriali – ossia quelle derivanti da impianti che esercitano attività commerciali o produttive - invece devono sempre essere autorizzate allo scarico (art. 124 del TUA).
Dunque, per determinare se le acque sono classificabili come industriali (o no) occorre procedere a contrario, vale a dire escludendo le acque ricollegabili al metabolismo umano e provenienti dalla realtà domestica e quelle che pur avendo una provenienza diversa (da un’attività produttiva) sono comunque assimilabili per qualità e quantità a quelle provenienti dall’uomo e dalla sua realtà.
Nel caso degli impianti di autolavaggio, questi non solo hanno natura di insediamenti produttivi, ma hanno anche una qualità inquinante dei reflui diversa e più grave rispetto a quella dei normali scarichi da abitazioni, ne discende che non possono essere assimilati.
Come ribadito da una recente sentenza della Cassazione Penale: “tali acque [ossia quelle derivanti dagli autolavaggi] non possono essere assimiliate a quelle domestiche, stante la presenza di caratteristiche inquinanti diverse e più rilevanti di quelle di un insediamento civile, per la presenza di oli minerali, sostanze chimiche e particelle di vernice che possono staccarsi dalle autovetture” (si veda da ultimo Cass. Pen. Sez. III, 20 giugno 2019 n. 27516).
In definitiva, la presenza nelle acque derivanti dagli autolavaggi di detersivi, olii, sostanze chimiche e anche di particelle di vernice fa si che le stesse vadano qualificate come acque reflui industriali e come tali devono essere autorizzate.
La mancata autorizzazione determina la possibile applicazione della sanzione penale di cui all’art. 137 comma 1, che punisce lo scarico di acque reflue industriali senza autorizzazione, con l’arresto da due mesi a due anni o con l’ammenda da millecinquecento euro a diecimila euro.