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L’utilizzazione della acque di un frantoio non è libera. Se pur vero che si tratta di materia non pericolosa è però innegabile che vi siano contenuti svariati composti organici (tipo polifenoli, lipidi, sostanze azotate, minerali…) che conferiscono una bassa biodegrabilità.
Per poter utilizzare agronomicamente le acque di vegetazione è necessario seguire le disposizioni regionali in materia. Configura, infatti, reato e non illecito amministrativo la violazione delle disposizioni regionali in materia.
La Cassazione Penale, Sez. III, del 18 ottobre 2019, n. 42925 ricorda che l’utilizzazione agronomica di acque di vegetazione di frantoi effettuata in contrasto con le prescrizioni imposte dalle regioni, ivi comprese quelle per il controllo dell’attività integra reato. L’utilizzazione di acque di frantoio in difformità alle disposizioni regionali in materia costituisce reato e non illecito amministrativo. Pertanto, integra il reato di cui all’art. 137 D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 l’utilizzazione agronomica di acque di vegetazione di frantoi effettuata in contrasto con le prescrizioni imposte dalle regioni,
La Cassazione Penale1 sui reflui oleari, ribadisce il confine tra utilizzazione agronomica e abbandono incontrollato vietato delle acque del frantoio.
Integra il reato previsto dall’art. 256, comma 2, del d.lgs n. 152/06 lo smaltimento, lo spandimento o l’abbandono incontrollati delle acque provenienti da un frantoio oleoso, potendosi applicare la disciplina prevista dalla legge 11 novembre 1996, n. 574 ai soli casi in cui i reflui oleari abbiano una loro utilità ai fini agricoli.
L’art.1122 del d.lgs n. 152/06 consente l’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e si può applicare la disciplina prevista dalla legge 11 novembre 1996, n. 574 ai soli casi in cui i reflui oleari abbiano, quindi, una loro utilità ai fini agricoli.2
Presupposto imprescindibile per l’effettuazione della pratica della fertirrigazione è, pertanto, l’effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze, la quale implica che l’attività sia di una qualche utilità per l’attività agricola svolta nonché un’indagine sullo stato, le condizioni e le modalità dì utilizzazione delle sostanze compatibili con tale pratica. In altre parole, deve trattarsi di un’attività la cui finalità sia effettivamente il recupero delle sostanze nutritive ed ammendanti contenute negli effluenti e non può risolversi nel mero smaltimento delle deiezioni animali. Da ciò consegue la necessità che, in primo luogo, vi sia l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, la quantità e qualità degli effluenti sia adeguata al tipo di coltivazione, i tempi e le modalità dì distribuzione siano compatibili ai fabbisogni delle colture e, in secondo luogo, che siano assenti dati fattuali sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione3.
In conclusione l’utilizzazione dei reflui oleari deve avvenire nel rispetto delle condizioni suesposte.