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Al fine di dare risposta al quesito posto, deve preliminarmente evidenziarsi che i materassi e gli stracci industriali sporchi [dei quali il produttore si sia disfatto, o abbia l’intenzione di disfarsi (o abbia l’obbligo di disfarsi)], pur apparendo – a prima vista – ai rifiuti tessili, in realtà:
i primi, appartengono ad altre tipologie di rifiuti;
i secondi – a determinate condizioni – non rappresentano neanche rifiuti.
Per quanto concerne i materassi, si osserva che i medesimi non rientrano tra i rifiuti tessili in quanto non sono interamente costituiti di fibre tessili, anzi molto spesso la componente tessile è limitata alla sola copertura (mentre sono presenti le molle metalliche e le imbottiture).
Di conseguenza il codice CER da attribuire ai materassi varia in relazione alla circostanza che essi provengano o meno dall’ambito urbano. Pertanto:
qualora i materassi provengano da utenze domestiche, ai medesimi si attribuisce il codice CER 20.03.07 (rifiuti urbani ingombranti) specificando che si tratta di materassi; infatti anche i tappeti, ad esempio, rientrano in tale categoria e non in quella dei rifiuti tessili;
qualora i materassi siano stati introdotti nel circuito della raccolta differenziata, agli stessi si attribuisce il codice CER 20.01.99 (altre frazioni non specificate altrimenti) specificando che si tratta di materassi;
qualora i materassi siano stati sottoposti ad un trattamento meccanico, ai rifiuti esitanti dal medesimo si attribuisce il codice CER 19.12.12 (altri rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 191211) e non già il codice CER 19.12.08, proprio dei rifiuti tessili prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti.
Invero, a tal fine si evidenzia che la Corte di Cassazione Penale, Sezione III, nella sentenza n. 47870 del 22 dicembre 2011, ha affermato che l’attribuzione del codice CER va effettuata secondo la logica della corrispondenza fra codice e prodotti, e non secondo le caratteristiche dell’impianto di destinazione finale dei rifiuti1.
Riguardo, invece, ai panni tecnici industriali sporchi a noleggio è da tempo controverso se essi rientrino tra i rifiuti (tessili appunto), oppure siano “beni d’uso”.
Tale querelle origina dall’Accordo di programma - operativo dal 20 gennaio 2004 con durata quadriennale e rinnovabile tacitamente – stipulato tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, il Ministero delle attività produttive (ora Sviluppo Economico) e alcune Società maggiormente rappresentative del settore della gestione dei panni tecnici riutilizzabili per le pulizie industriali.
Tale Accordo, a cui può aderire qualsiasi altra associazione/impresa del settore, regolamenta lo svolgimento delle attività di noleggio, ritiro presso il cliente, trasporto e lavaggio dei panni tecnici di pulizia allo scopo di un loro successivo riutilizzo e mira a promuovere la prevenzione della produzione dei rifiuti attraverso l’effettuazione di operazioni di lavaggio dei panni per rendere possibile il loro utilizzo ripetuto nonché permettere il recupero dei rifiuti prodotti dalle operazioni di lavaggio, laddove possibile.
Pur non rientrando gli Accordi di programma tra le fonti del diritto, tuttavia la D.G. Ambiente della Commissione europea, con le note del 15 gennaio 1999 e 1° ottobre 2002, confermando alcune sentenze della Corte di Giustizia (sentenze Arco e Palin), ha confermato che i panni tecnici, fino a che sono riutilizzabili, rimanendo nella formula “usa e restituisci”, non vengono dispersi dalla società, che al contrario ha interesse al loro reimpiego.
Si è di conseguenza in presenza di un riutilizzo ai sensi dell’art. 183, co. 1 lett. r), del TUA.
Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, i panni tecnici industriali sporchi non rientrano tra i rifiuti (in particolare, tra i rifiuti tessili) ma vanno qualificati quali beni - purché l’azienda che li noleggia e li lava aderisca all’Accordo di programma e lo rispetti nella sua interezza2.
In conclusione, i materassi devono essere classificati – a seconda dei casi – o con il CER 20.03.07, o con il CER 20.01.99 o, infine, con il CER 19.12.12, mentre gli stracci industriali sporchi non rientrano tra i rifiuti ma vanno qualificati quali beni - purché l’azienda che li noleggia e li lava aderisca all’Accordo di programma del 2004 e lo rispetti nella sua interezza3.