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Il DPR 13 giugno 2017 n. 120 – ossia il regolamento recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo – chiarisce che esistono tre di¬verse fattispecie riferite ai quantitativi dei volumi di scavo prodotti.
Tali fattispecie vengono determinate in base alla grandezza dei cantieri e alle procedure autorizzative cui essi sono soggetti. In altre parole, dunque, maggiori sono le dimensioni del cantiere, maggiori saranno – presumibilmente – le terre e rocce prodotte.
Nel dettaglio, il DPR 13 giugno 2017 n. 120 definisce:
i. cantieri di grandi dimensioni, quelli costituiti da progetti di opere che prevedono produzione di terre e rocce eccedenti i 6.000 metri cubi di ma¬teriale escavato - volumi calcolati sulle sezioni di progetto - e assoggettate alle procedure di VIA/ AIA (art. 2 comma 1 lettera u));
ii. cantieri di grandi dimensioni non soggetti a VIA/AIA, quelli costituiti da progetti di opere che prevedono analogamente al punto prece¬dente la produzione di terre e rocce eccedenti i 6.000 metri cubi di materiale escavato (volumi calcolati sulle sezioni di progetto), ma che a dif¬ferenza degli altri non sono assoggettati alle pro¬cedure di valutazione di impatto ambientale o di autorizzazione integrata ambientale;
iii. cantieri di piccole dimensioni, quelli in cui i progetti di opere prevedono quantità di terre e/o rocce escavate inferiori a 6.000 metri cubi calcolati sulla sezione di progetto, indipenden¬temente che detti progetti ricadano o meno tra quelli assoggettati a VIA/AIA.
Ebbene, con riguardo ai cantieri di grandi dimensioni di cui al punto i), l’art. 9 del Decreto in esame dispone che il proponente dell’opera deve redigere un Piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo – ossia il documento con cui viene attestata l’esistenza dei presupposti di qualificazione delle TRS come sottoprodotto e dei requisiti di sussistenza della normale pratica industriale.
Tale Piano deve essere trasmesso all’autorità competente e all’Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente, almeno novanta giorni prima dell’inizio dei lavori affinchè, una volta verificata la completezza e la correttezza amministrativa della documentazione e decorsi ulteriori novanta giorni dalla presentazione, il proponente possa avviare la gestione delle terre e rocce da scavo nel rispetto del Piano di utilizzo presentato.
Ebbene, qualora - nelle more del procedimento o della realizzazione dell’opera - si verifichi un aumento del volume di scavo rispetto a quanto dichiarato nel Piano di utilizzo, occorre chiedersi se e quando occorra procedere all’aggiornamento del Piano stesso.
Sul punto, la risposta è fornita in modo chiaro dal legislatore, il quale, all’art. 15 del DPR 120/2017 recante “Aggiornamento del piano di utilizzo”, qualifica l’aumento di volume in banco in misura superiore al 20% dei materiali di scavo quale modifica sostanziale tale da imporre l’aggiornamento del Piano.
Solo in tali casi, dunque, il proponente dell’opera o l’esecutore dovranno comunicare alle Autorità competenti l’aggiornamento del Piano di utilizzo, corredato da idonea documentazione, anche di natura tecnica, recante le motivazioni a sostegno delle modifiche apportate.