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Ai sensi dell’art. 183 co. 1 lett. t) del TUA – così come modificato dal D.Lgs 205/2010 di recepimento della Direttiva 2008/98/CE – per recupero si intende “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato C della parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero”.
Emerge, dunque, che l’attuale definizione di recupero si dilunga sul significato “sostanziale” (o se vogliamo, filosofico) di tale operazione, che è quello di consentire al rifiuto di essere utile in luogo dell’utilizzo di altri materiali che sarebbero stati impiegati se quello specifico rifiuto fosse stato altrimenti smaltito.
In sostanza, per recupero il legislatore si riferisce al procedimento attraverso il quale il bene (rectius, rifiuto) è riportato allo stato precedente o è trasformato in uno stato che lo rende riutilizzabile o attraverso il quale sono estratti componenti utilizzabili1.
Ed invero, l’attività di recupero consente di ricavare dal rifiuto energia o altre materie diversamente utilizzabili, anche se lo svolgimento di tale attività va considerato con particolare attenzione, poiché costituisce uno dei mezzi più abusati per aggirare le disposizioni in materia simulando, appunto, il recupero, laddove l’attività effettivamente svolta costituisce mera gestione dei rifiuti2.
Ciò posto, non può tuttavia non evidenziarsi che la vera portata innovativa della nuova definizione di recupero, soprattutto se messa in relazione con altre disposizioni del decreto, consentiste nel chiarire che il recupero può realizzarsi anche a seguito di operazioni non espressamente riportate nell’Allegato C, purché nel rispetto di determinate condizioni3.
Ed infatti, nella definizione in esame viene espressamente dichiarato che l’Allegato C alla Parte IV del TUA non costituisce un elenco esaustivo di operazioni di recupero, lasciando così aperta la porta ad una serie di operazioni non previste e non prevedibili finalizzate a questa attività di impiego alternativo.
In altri termini, il legislatore (analogamente a quello comunitario) ha privilegiato il risultato finale, ovverosia la funzione utile dell’operazione, piuttosto che la modalità di esecuzione della stessa.
Da ciò si desume che la disciplina sul recupero costituisce un genus ampio, che:
- si caratterizza per lo scopo che persegue (la funzione utile);
- viene individuato da una pluralità di operazioni elencate però in modo non tassativo né esaustivo;
- è caratterizzato da norme tecniche che vincolano i casi in cui le operazioni di recupero possono accedere alle operazioni semplificate e di conseguenza essere esonerate dall’obbligo di autorizzazione4.