Deposito temporaneo: come deve intendersi il luogo di produzione dei rifiuti?

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Ai sensi dell’art. 183 “Definizioni” del D. Lgs. n. 152/2006 lettera bb) per deposito controllato o temporaneo, si intende ogni raggruppamento di rifiuti, effettuato prima della raccolta, nel luogo in cui sono stati prodotti, quando siano presenti precise condizioni relative alla quantità e qualità dei rifiuti, al tempo di giacenza, alla organizzazione tipologica del materiale ed al rispetto delle norme tecniche elencate nel codice.

Ne consegue che, in difetto anche di uno dei requisiti normativi, il deposito non può ritenersi temporaneo, ma deve essere qualificato, a seconda dei casi, come “deposito preliminare” (se il collocamento di rifiuti è prodromico ad un’operazione di smaltimento), come “messa in riserva” (se il materiale è in attesa di un’operazione di recupero), come “abbandono” (quando i rifiuti non sono destinati ad operazioni di smaltimento o recupero) o come “discarica abusiva” (nell’ipotesi di abbandono reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi).

Pertanto, è necessario identificare in modo corretto:

- in presenza delle condizioni richieste dal legislatore

- il luogo di produzione dei rifiuti rilevante ai fini del deposito temporaneo.

Già in passato la Corte1 si era espressa – nel caso in esame che riguardava rifiuti appartenenti ad una categoria omogenea raccolti presso area in disponibilità del produttore stesso, distante solo 700 metri dall’area di produzione – nel senso che “il luogo di produzione dei rifiuti è non solo quello in cui gli stessi sono prodotti, ma anche quello nella disponibilità della impresa produttrice funzionalmente collegato a quello di produzione”.

In ogni caso, specificano i giudici in motivazione, si deve trattare di un luogo quantomeno prossimo o limitrofo al luogo di produzione dei rifiuti. Per cui nel caso in cui vi sia una notevole distanza non può parlarsi di deposito temporaneo.

Recentemente la Corte - con interpretazione estensiva - è tornata ad affermare2 che, in tema di gestione illecita dei rifiuti, “il luogo di produzione rilevante ai fini della nozione di deposito temporaneo non è solo quello in cui i rifiuti sono prodotti ma anche quello che si trova nella disponibilità dell’impresa produttrice e nel quale gli stessi sono depositati, purchè funzionalmente collegato al luogo di produzione”3.

Da ciò emerge come in senso più ampio – per aversi deposito temporaneo - si possano raggruppare i rifiuti in un luogo diverso da quello di produzione purchè “funzionalmente collegato” allo stesso.

La circostanza che i rifiuti vengano spostati da una parte all’altra di una medesima area in disponibilità del produttore non è, dunque, di per sè sufficiente a far ritenere sussistente la violazione sul deposito temporaneo dei rifiuti4.

Successivamente, la Corte5 è tornata sul tema precisando ulteriormente il concetto ritenendo funzionale l’area “collegata con attività produttiva”.

Da ultimo – la Cassazione6 - aggiunge che ad integrare la nozione di collegamento funzionale concorre “non soltanto dal punto di vista spaziale la contiguità dell’area a tal fine utilizzata rispetto a quella di produzione dei rifiuti, ma altresì la destinazione originaria della medesima in ragione dello strumento urbanistico e dell’assenza di una sua autonoma utilizzazione in concreto diversa da quella accertata”.

In conclusione, dunque, il luogo di produzione dei rifiuti ai sensi dell’art. 183 del D. Lgs. n. 152/2016 ai fini della configurabilità del deposito temporaneo deve intendersi non solo quello in cui i rifiuti sono prodotti ma anche quello che si trova nella disponibilità dell’impresa produttrice e nel quale gli stessi sono depositati, purchè funzionalmente collegato - non soltanto dal punto di vista spaziale, ma altresì in ragione della destinazione originaria dell’area - al luogo di produzione.


1 Cass. Pen., Sez. III, 31 maggio 2012, n. 21032.

2 Cass. Pen., Sez. III, 23 gennaio 2013, n. 8061.

3 Cass. Pen., Sez. III, 23 settembre 2014, n. 38676.

4 Cass. Pen., Sez. III, 9 dicembre 2008, n. 45447.

5 Cass. Pen., Sez. III, 31 marzo 2017, n. 16441.

6 Cass. Pen., Sez. III, del 30 gennaio 2018, n. 4181.

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