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Un’azienda la cui attività produce rifiuti misti – costituiti da terriccio, ghiaia, materiale cementizio e calcestruzzo – si interroga sulla possibile applicazione, nella gestione di detti rifiuti, della disciplina specifica prevista in tema di terre e rocce da scavo.
Il problema nasce appunto dal fatto che i rifiuti in questione, oltre a ghiaia e terriccio, sono costituiti anche da materiale di altro genere.
Ai sensi dell’art. 2 comma 1 lett. c) del DPR 120/2017, per terre e rocce da scavo , oggetto del relativo decreto, deve intendersi il suolo escavato derivante da attività finalizzate alla realizzazione di un’opera. Con la precisazione che, le stesse (terre e rocce da scavo) potranno anche contenere i seguenti materiali: calcestruzzo, bentonite, polivinilcloruro (PVC), vetroresina, miscele cementizie e additivi (purché non superino le concentrazioni di inquinanti di cui alle colonne A e B, Tabella 1, Allegato 5, al Titolo V, della Parte IV del Testo Unico Ambientale).
Da tale definizione, sembrerebbe che la presenza di materiale cementizio e calcestruzzo non osti all’applicazione della disciplina in materia di terre e rocce da scavo.
La disposizione in parola va però letta alla luce anche di quanto previsto dal comma 2 dell’art. 3 (esclusioni dal campo di applicazione) del DPR 120/2017, secondo cui: “sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente regolamento i rifiuti provenienti direttamente dall’esecuzione di interventi di demolizione di edifici o di altri manufatti preesistenti, la cui gestione è disciplinata ai sensi della Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.
Quindi, se il materiale misto – contenete calcestruzzo e cemento – esita da attività di demolizione, si applicheranno le norme generali previste in tema di gestione dei rifiuti dal Testo Unico Ambientale e non quelle specifiche del decreto terre e rocce.
In linea con tale orientamento, si è posta anche la cassazione, che in una pronuncia recente, ha ribadito il seguente principio di diritto: “va ricordato che, in materia di terre di rocce e scavo, la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ha sempre escluso l’applicabilità della speciale disciplina in presenza di materiali non rappresentati unicamente da terriccio e ghiaia, ma provenienti dalla demolizione di edifici o dal rifacimento di strade e, quindi, contenenti altre sostanze, quali asfalto, calcestruzzo o materiale cementizio o di risulta in genere, plastica o materiale ferroso” (Cass. Sez. III n. 28181 del 27 giugno 2019).
Affermazione quest’ultima, che si pone in linea con un consolidato orientamento, ai sensi del quale: “le terre e le rocce da scavo, non sono certo equiparabili agli inerti derivanti da demolizioni di fabbricati” (Cass. pen. Sez. III, 24 aprile 2015, n. 17126).
In definitiva, laddove l’attività dell’impresa in questione, produttiva di rifiuti misti, sia riconducibile al genus della demolizione, il DPR risulterà inapplicabile relativamente alla loro gestione.
Viceversa, laddove si tratti di attività diversa (dalla demolizione), le relative disposizioni saranno in concreto applicabili.