Contenuto
La possibile presenza di fonti di contaminazione ovvero di processi atti ad eliminare o ridurre le fonti dell’inquinamento, porta ad interrogarsi in ordine alla sorte da attribuire alle terre e rocce da scavo provenienti dai siti oggetto di bonifica.
A tal proposito, la legge consente – al ricorrere di ben determinate condizioni – il possibile riutilizzo delle terre e rocce, secondo le previsioni di cui agli artt. 25 (attività di scavo) e 26 (utilizzo nel sito) del DPR 13 giugno 2017 n. 120.
Nello specifico, per poter avvalersi delle sopra citate previsioni normative e quindi per poter riutilizzare le terre e rocce escavate in siti oggetto di bonifica, occorre che il relativo sito sia già stato oggetto di caratterizzazione, ossia di tutte quelle attività che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali.
Inoltre, quanto alle attività di scavo1:
le stesse debbono essere accompagnate dalla presentazione – a cura dell’operatore – di due documenti e segnatamente:
- da un Piano di dettaglio – comprensivo della lista degli analiti da ricercare – da concordarsi con l’Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente;
- e da un Piano operativo degli interventi previsti – comprensivo di un dettagliato cronoprogramma con l’indicazione della data di inizio dei lavori – da trasmettersi agli Enti interessati trenta giorni prima dell’avvio dei lavori.
Le stesse, inoltre, debbono essere effettuate:
- senza creare pregiudizio agli interventi e alle opere di prevenzione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino necessarie e nel rispetto della normativa vigente in tema di salute e sicurezza dei lavoratori;
- nel rispetto delle precauzioni necessarie a non aumentare i livelli di inquinamento delle matrici ambientali.
Quanto alla fase di riutilizzo2 del materiale scavato in conformità alle suddette prescrizioni, poi, questo è sempre consentito a condizione che sia garantita la conformità alle concentrazioni soglia di contaminazione3 (CSC) per la specifica destinazione d’uso o ai valori di fondo naturale.
Viceversa, laddove le terre e rocce escavate risultino non conformi alle concentrazioni soglia di contaminazione o ai valori di fondo, ma inferiori alle concentrazioni soglia di rischio4, queste possono essere utilizzate nello stesso sito alle seguenti condizioni:
- siano riutilizzate nella medesima area assoggettata all’analisi di rischio e nel rispetto del modello concettuale preso come riferimento per l’elaborazione dell’analisi di rischio (e quindi non in sub-aree conformi alle concentrazioni soglia di contaminazione);
- siano rispettose delle condizioni e delle limitazioni d’uso indicate all’atto dell’approvazione dell’analisi di rischio da parte dell’autorità competente, qualora ai fini del calcolo delle concentrazioni soglia di rischio non sia stato preso in considerazione il percorso di lisciviazione in falda.
In conclusione, la normativa vigente consente il compimento di attività di escavazione e riutilizzo delle terre e rocce da scavo, anche in siti soggetti a bonifica, alla condizione che tali siti siano già stati oggetto di caratterizzazione, e nel rispetto delle particolari cautele previste dalla legge, dovute all’innesto delle stesse in processi (di bonifica) già attivi e dalla possibile presenza di fonti di contaminazione.