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L’introduzione del comma 7-bis all’interno dell’art. 101 del Testo Unico Ambientale – ad opera della L. 221/2015 – pone il problema della gestione delle acque di vegetazione dei frantoi oleari.
In particolare, ci si interroga sulla possibilità di gestirle – tramite una loro assimilazione – alla stregua di acque reflue domestiche (onde sottrarle alla più stringente disciplina prevista in tema di acque reflue industriali) e quindi scaricarle in pubblica fognatura.
Sul punto, la lettera della (novellata) norma è chiara, dicendo si all’assimilazione, ma nel rispetto di ben determinate condizioni. E così per aversi la suddetta assimilazione, ai fini dello scarico, occorrerà:
L’assenza di criticità nell’impianto di depurazione, ravvisate dall’Ente di governo dell’ambito e dal Gestore dell’ambito;
La provenienza esclusivamente regionale delle olive;
La collocazione delle aziende agricole in terreni ove metodi di fertilizzazione e irrigazione non sono praticabili in modo agevole;
Il rispetto, previo idoneo trattamento, delle norme tecniche, delle prescrizioni regolamentari e dei valori limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato.
Ciò in quanto, la ratio dell’intervento normativo, è sì quella di agevolare un particolarissimo settore produttivo, di sicura rilevanza economica - specie in determinate aree del Paese - ma solo alla presenza di ben definiti presupposti.
Tali assunti, sono confermati altresì a livello giurisprudenziale1, ove viene previsto che l’assimilazione in oggetto, ai fini dello scarico in pubblica fognatura “non interviene in modo automatico, sol perchè si tratti di acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari, risultando invero necessario che ricorrano le numerose condizioni di cui alla seconda parte della norma stessa [art. 101, comma 7-bis], il cui solo accertamento su adempiuto onere dimostrativo dell’imputato - consente di sottrarre lo scarico delle acque in esame alla disciplina ordinaria di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006 in tema di scarichi industriali”. Con la specificazione che, il rispetto delle suddette condizioni si palesa necessario, onde “giustificare la previsione derogatoria stessa, soprattutto in rapporto a differenti ambiti che la medesima assimilazione non hanno ricevuto”.
Tuttavia, come rilevato altresì dai Supremi Giudici, spetterà a colui che intende avvalersi di detta disciplina derogatoria, provarne il ricorrere di tutti i suoi presupposti applicativi. Con ciò a dire che sarà il gestore del frantoio a dover dimostrare:
a. La sussistenza di uno scarico, ossia la presenza di un sistema in grado di collegare senza soluzione di continuità il refluo alla pubblica fognatura, ad es. per il tramite di una condotta, di tubazioni, o di altro sistema stabile (in ossequio al disposto di cui all’art. 74, comma 1, lett. ff) del TUA).
b. L’impossibilità di ricorrere a pratiche alternative di fertilizzazione ed irrigazione;
c. La provenienza regionale delle olive;
d. La mancanza di un dissenso da parte degli organi deputati alla gestione dell’Ambito e del gestore del servizio idrico integrato.
In particolare, la mancata prova della condizione sub. a) determina l’applicazione, della disciplina sui rifiuti2, venendo in tal caso le acque reflue qualificate alla tregua di rifiuti liquidi. Con la conseguenza che, una gestione non conforme a legge (cfr. Parte IV del TUA), potrebbe addirittura integrare le fattispecie di cui all’art. 256 commi 1 e 2 del D.Lgs 152/2006 e delle penetranti sanzioni ivi previste.
In conclusione, è possibile lo scarico in pubblica fognatura delle acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari assimilate alle domestiche, alla condizione che il relativo gestore ne provi il ricorrere di tutti i presupposti di legge.