Fresato d’asfalto: Rifiuto o sottoprodotto?

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Il fresato d’asfalto, definito dall’art. 8 (Definizione) della UNI EN 13108 come “Conglomerato bituminoso recuperato mediante fresatura che può essere utilizzato come materiale costituente per miscele bituminose prodotte in impianto a caldo” è quel materiale che si ottiene dalla frantumazione a blocchi o dalla fresatura della pavimentazione stradale.

Fin da sempre la classificazione del fresato d’asfalto come sottoprodotto o rifiuto è stata oggetto di dibattito dottrinale e giurisprudenziale che ancora oggi risulta essere in corso.

Dopo alcune sentenze del Consiglio di Stato1, infatti, nelle quali la giurisprudenza amministrativa si è espressa in favore della classificazione del fresato d’asfalto come sottoprodotto, la Corte di Cassazione, con una recente sentenza2, ha ribadito la natura di rifiuto del fresato d’asfalto.

Nell suddetta sentenza, infatti, la Suprema Corte afferma che: “I materiali che residuano da lavori di demolizione (nella specie “fresato d’asfalto” derivante dalle attività di scarifica di una pista aeroportuale) rientrano nel novero dei rifiuti per presunzione ex lege iuris tantum perché l’art. 184, comma 3, lett. b) D.Lgs. n. 152/2006 definisce, ex positivo iure, rifiuti speciali quelli derivanti da attività di demolizione, costruzione, nonché quelli che derivano dalle attività di scavo, ferma restando la possibilità di gestire gli stessi come sottoprodotti, ricorrendo tutte le condizioni di cui all’art. 184-bis cit. dec.”.

La Corte di Cassazione, dunque, pur lasciando aperta la possibilità di qualificare, in presenza di tutte le condizioni richieste dall’art. 184-bis del TUA3, il fresato d’asfalto come sottoprodotto, nel caso di specie lo ha ritenuto rifiuto in quanto venivano a mancare:

  • il requisito relativo al riutilizzo del sottoprodotto, (dato che sin dall’inizio il fresato d’asfalto non doveva essere utilizzato per intero, in quanto era certo che una parte cospicua di esso, pari al 45%, non sarebbe stata riutilizzata e perciò costituiva a tutti gli effetti un rifiuto);
  • il requisito relativo al riutilizzo senza trattamenti diversi dalla normale pratica industriale (in quanto, ai fini del suo riutilizzo quale componente del nuovo conglomerato bituminoso, il fresato non veniva impiegato “tal quale”, ma era sottoposto a una lavorazione a caldo che, attraverso la miscelazione con altre componenti vergini, dava luogo a un materiale diverso da quello originario).

In conclusione, quindi, la giurisprudenza della Cassazione, oggi come in passato, prevale per la classificazione del fresato d’asfalto come rifiuto, tuttavia non sono mancate pronunce giurisprudenziali in merito di avviso contrario4, pertanto tuttora la materia risulta essere controversa e rappresenta una problematica ancora irrisolta.


1 Cfr. Cons. Stato Sez. IV, del 6 agosto 2013, n. 4151: “Il fresato d’asfalto anche se viene generalmente classificato come rifiuto e in quanto tale disciplinato dal D.M. 5 febbraio 1998 e contemplato dai codice europeo dei rifiuti, nondimeno può essere trattato alla stregua di un sottoprodotto quando venga inserito in un ciclo produttivo e venga utilizzato senza nessun trattamento in un impianto che ne preveda l’utilizzo nello stesso ciclo di produzione senza operazioni di stoccaggio a tempo indefinito. Considerato che nell’impianto in questione l’asfalto verrebbe quotidianamente fresato e riutilizzato, nell’ambito dell’ordinario ciclo produttivo, esso deve essere considerato sottoprodotto e non rifiuto speciale, con la conseguenza che non soggiacerebbe alle regole del Piano gestione rifiuti che ne impedirebbero la localizzazione”.

2 Cass. Pen., Sez III, del 22 novembre 2017, n. 53136.

3 Cfr. Art. 184-bis (sottoprodotto) TUA.

4 Cfr. Cons. Stato, Sez IV, del 6 ottobre 2014, n.4978; T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, del 10 agosto 2012, n. 2182.

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