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Ai sensi dell’ art. 184 del D.Lgs. n. 152/06 i rifiuti sono classificati, secondo l’origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.
Al comma 3 lett b) del medesimo articolo si annoverano tra i rifiuti speciali i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall’articolo 184-bis del TUA.
La giurisprudenza, pronunciandosi sulla natura dei materiali di demolizione, afferma che “non possono, a monte, essere ricompresi nel novero dei sottoprodotti”1.
Infatti, perché una determinata sostanza od oggetto possa considerarsi un sottoprodotto e non già un rifiuto è necessario che soddisfi le condizioni fissate dall’art.184-bis del D.Lgs. 152/2006.
I materiali da demolizione non possono, a monte, essere ricompresi nel novero dei sottoprodotti non soltanto perché l’art. 184, comma 3 lett. b) D.Lgs. 152/2006 li qualifica espressamente come rifiuti speciali, ma soprattutto perché non derivano da un processo di produzione così come richiesto dall’art. 184-bis lett. a), ovverosia da un’attività chiaramente finalizzata alla realizzazione di un qualcosa ottenuto attraverso la lavorazione o la trasformazione di altri materiali, e dunque non costituendo un quid novi derivante dall’elaborazione del prodotto originario.
Anche in altra recentissima pronuncia la Corte di Cassazione ( in nota: Cass. del 23 febbraio 2018, n. 8848) ha stabilito che l’attività di demolizione di edifici o strade non rientra tra i processi di produzione che possono dare origine ad un sottoprodotto ai sensi dell’art. 184-bis, del D.Lgs. n. 152/06 ed i relativi residui vanno classificati come rifiuti.
Già in precedenza si era affermato che “la demolizione di un edificio, che può avvenire per motivi diversi, non è finalizzata alla produzione di alcunché, bensì all’eliminazione dell’edificio medesimo, né può assumere rilevanza, come già ritenuto da questa Corte, il fatto che la demolizione sia finalizzata alla realizzazione di un nuovo edificio, che non può essere considerato il prodotto finale della demolizione, in quanto tale attività non costituisce il prodromo di una costruzione, che può essere effettuata anche indipendentemente da precedenti demolizioni”2.
E, ancora si è detto che i materiali provenienti da demolizioni rientrano nel novero dei rifiuti (speciali) in quanto oggettivamente destinati all’abbandono. L’eventuale recupero è condizionato a precisi adempimenti, in mancanza dei quali detti materiali vanno considerati, comunque, cose di cui il detentore ha l’intenzione di disfarsi.
Pertanto, l’assoggettamento di tali materiali a disposizioni più favorevoli che derogano alla disciplina ordinaria, implicherebbe la dimostrazione, da parte di chi lo invoca, della sussistenza di tutti i presupposti previsti dalla legge3.
La giurisprudenza aveva già affermato che la collocazione dei materiali derivanti da attività di demolizione nel novero dei sottoprodotti si porrebbe in contrasto con quanto stabilito dall’art. 184, che li qualifica espressamente come rifiuti. In ogni caso, tale collocazione imporrebbe comunque il rispetto di una serie di condizioni4.
In conclusione, la giurisprudenza dominante ritiene che l’attività di demolizione di un edificio non può essere definita un processo di produzione quale quello indicato dall’art. 184-bis, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 152/06, con la conseguenza che i materiali che ne derivano vanno qualificati come rifiuti speciali e non come sottoprodotti.