I rifiuti sanitari a rischio infettivo sterilizzati possono essere gestiti come urbani?

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Al fine di rispondere puntualmente al quesito posto, occorre compiere una preliminare digressione sulla disciplina applicabile ai rifiuti sanitari sancita dal DPR 254/2003.

Per quanto concerne specificamente i rifiuti sanitari a rischio infettivo, la loro definizione è contenuta nell’art. 2, co. 1, lett. d) DPR 254/2003[1], dalla lettura del quale è possibile evincere che essi coincidono con tutti quei rifiuti che sono entrati in contatto con liquidi biologici da pazienti isolati in ambiente ad isolamento infettivo oppure, in alternativa, che sono, comunque, stati contaminati da una serie di liquidi e materiali provenienti da pazienti anche non isolati o non soggiornanti in ambienti ad isolamento infettivo[2].

Tali rifiuti possono essere, a determinate condizioni, soggetti ad attività di sterilizzazione[3].

Tanto premesso circa le modalità di sterilizzazione, deve rilevarsi che il DPR 254/2003 prevede l’assimilazione ex lege dei rifiuti sanitari sterilizzati ai rifiuti urbani qualora[4]:

  • questi ultimi siano sottoposti a sterilizzazione in conformità a quanto previsto dall’art. 2, co. 1, lett. m) DPR 254/2003;
  • il loro smaltimento avvenga in impianti di incenerimento per rifiuti urbani ovvero in discarica laddove nella regione di produzione del rifiuto non siano presenti, in numero adeguato al fabbisogno, né impianti di produzione di CDR, né impianti che utilizzano i rifiuti sanitari sterilizzati come mezzo per produrre energia, né impianti di termodistruzione[5].

In tale quadro, il 7 giugno 2020 è entrata in vigore la Legge di conversione 5 giugno 2020, n. 40 del Decreto-Legge 8 aprile 2020, n. 23 (cosiddetto D.L. Liquidità) la quale ha introdotto l’art. 30-bis rubricato “Norme in materia di rifiuti sanitari”[6].

Tale norma dispone che – a determinate condizioni e per un periodo transitorio non superiore a 30 giorni - i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a procedimento di sterilizzazione, effettuato secondo le previsioni dell'art. 2 c. 1 lett. m), DPR 254/2003, presso le strutture sanitarie pubbliche e private fossero “sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani”.

Successivamente, il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (cosiddetto D.L. Semplificazione) convertito in legge con modificazioni dalla Legge 11 settembre 2020 n. 120, è nuovamente intervenuto sul punto con l’art. 63-bis rubricato “Semplificazione per la gestione dei rifiuti sanitari”, il quale ha eliminato il riferimento al termine temporale di 30 giorni, rendendo stabile e non transitorio il regime introdotto dall’art. 30-bis D.L. 23/2020.

In conclusione, deve dunque ritenersi che - al netto delle diverse norme intervenute sul punto - i rifiuti oggetto della presente disamina sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti urbani e come tali devono essere gestiti.


[1] Art. 2, co. 1, lett. d) DPR 254/2003 recante “Definizioni”. “Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo: i seguenti rifiuti sanitari individuati dalle voci 18.01.03 e 18.02.02 nell'allegato A della citata direttiva in data 9 aprile 2002:

1) tutti i rifiuti che provengono da ambienti di isolamento infettivo nei quali sussiste un rischio di trasmissione biologica aerea, nonchè da ambienti ove soggiornano pazienti in isolamento infettivo affetti da patologie causate da agenti biologici di gruppo 4, di cui all'allegato XI del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni; 2) i rifiuti elencati a titolo esemplificativo nell'allegato I del presente regolamento che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche: 2a) provengano da ambienti di isolamento infettivo e siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto dei pazienti isolati; 2b) siano contaminati da: 2b1) sangue o altri liquidi biologici che contengono sangue in quantità tale da renderlo visibile; 2b2) feci o urine, nel caso in cui sia ravvisata clinicamente dal medico che ha in cura il paziente una patologia trasmissibile attraverso tali escreti; 2b3) liquido seminale, secrezioni vaginali, liquido cerebro-spinale, liquido sinoviale, liquido pleurico, liquido peritoneale, liquido pericardico o liquido amniotico; 3) i rifiuti provenienti da attività veterinaria, che: 3a) siano contaminati da agenti patogeni per l'uomo o per gli animali; 3b) siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto per il quale sia ravvisato, dal medico veterinario competente, un rischio di patologia trasmissibile attraverso tali liquidi”.

[2] D. Carissimi, “La gestione dei rifiuti sanitari”, collana “I quaderni dei rifiuti”, Ambiente Legale, p. 23 ss.

[3] Art. 2, comma 1, lett. m) DPR 254/2003: “sterilizzazione: abbattimento della carica microbica tale da garantire un S.A.L. (Sterility Assurance Level) non inferiore a 10-6. La sterilizzazione è effettuata secondo le norme UNI 10384/94, parte prima, mediante procedimento che comprenda anche la triturazione e l'essiccamento ai fini della non riconoscibilità e maggiore efficacia del trattamento, nonché della diminuzione di volume e di peso dei rifiuti stessi. Possono essere sterilizzati unicamente i rifiuti sanitari pericolosi a solo rischio infettivo. L'efficacia viene verificata secondo quanto indicato nell'allegato III del presente regolamento. La sterilizzazione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo è una facoltà esercitabile ai fini della semplificazione delle modalità di gestione dei rifiuti stessi”.

[4] Art. 2 c.1 lett. g) punto 8 DPR 254/2003 recante “Definizioni”

Rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani”, tra l’altro, anche “i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a procedimento di sterilizzazione effettuato ai sensi della lettera m), a condizione che lo smaltimento avvenga in impianti di incenerimento per rifiuti urbani. Lo smaltimento in discarica è sottoposto alle condizioni di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c)” (punto 8).

[5] Art. 11 c. 1 lett. c) DPR 254/2003: “Smaltimento dei rifiuti sanitari sterilizzati

1. I rifiuti sanitari sterilizzati:

[…]

  1. c) qualora nella regione di produzione del rifiuto non siano presenti, in numero adeguato al fabbisogno, né impianti di produzione di CDR, né impianti che utilizzano i rifiuti sanitari sterilizzati come mezzo per produrre energia, né impianti di termodistruzione, previa autorizzazione del presidente della regione, possono essere sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani e alle norme tecniche che disciplinano lo smaltimento in discarica per rifiuti non pericolosi. L'autorizzazione del presidente della regione ha validità temporanea sino alla realizzazione di un numero di impianti di trattamento termico adeguato al fabbisogno regionale.” 

[6] Art. 30-bis L. 40/2020 recante “Norme in materia di rifiuti sanitari”

 “1. Al fine di contenere il rischio infettivo e favorire la sterilizzazione dei rifiuti sanitari nelle strutture sanitarie, fino a trenta giorni dopo la dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza sanitaria, i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a procedimento di sterilizzazione, effettuato secondo le previsioni dell'articolo 2, comma 1, lettera m), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254, presso le strutture sanitarie pubbliche e private ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del citato regolamento, sono sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani.”

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