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La disciplina in materia di acque per il consumo umano è contenuta nel Decreto Legislativo del 2 febbraio 2001, n. 31 recante “Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano”.
La normativa in commento si applica:
1) alle acque trattate o non trattate, destinate ad uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande, o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori;
2) alle acque utilizzate in un’impresa alimentare per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l’immissione sul mercato di prodotti o di sostanze destinate al consumo umano, escluse quelle, individuate ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera e), la cui qualità non può avere conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finale.
Con particolare riferimento al profilo della verifica di potabilità dell’acqua e dei controlli da effettuare nel tempo sulla rete, il Decreto Legislativo detta la seguente disciplina.
Il giudizio di idoneità dell’acqua destinata al consumo umano spetta all’azienda U.S.L. territorialmente competente.
In tale quadro la norma prevede che vengano fatti tanto dei controlli c.d. interni quanto dei controlli c.d. esterni.
Sono controlli interni i controlli che il gestore è tenuto ad effettuare per la verifica della qualità dell’acqua, destinata al consumo umano. I punti di prelievo e la frequenza dei controlli interni possono essere concordati con l’azienda unità sanitaria locale.
Viceversa, i controlli esterni sono quelli svolti dall’azienda unità locale territorialmente competente, per verificare che le acque destinate al consumo umano soddisfino i requisiti richiesti dal decreto, sulla base di programmi elaborati secondo i criteri generali dettati dalle regioni in ordine all’ispezione degli impianti, alla fissazione dei punti di prelievo dei campioni da analizzare, anche un riferimento agli impianti di distribuzione domestici, e alle frequenze dei campionamenti, intesi a garantire la significativa rappresentatività della qualità delle acque distribuite durante l’anno.
In tale quadro la normativa non prevede invece alcuna competenza diretta da parte del Comune che non può quindi essere chiamato ad attestare la potabilità dell’acqua né a verificarne la qualità.
A conferma di quanto affermato è possibile richiamare la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sez. II, del 17 aprile 2020, n. 415 che ha rilevato come: “il sistema di controllo sulle acque per il consumo umano figura articolato su due livelli, l’uno esterno e l’altro interno. In particolare: a) i controlli interni sono quelli che il gestore del servizio idrico (ossia il soggetto fornitore di acqua a terzi, attraverso impianti idrici autonomi o cisterne) è chiamato ad eseguire, onde garantire la qualità dell’acqua somministrata, eventualmente concordando con l’ASL territorialmente competente i punti di prelievo e la frequenza delle verifiche, nonché eseguendo analisi presso laboratori propri o in convenzione (art. 7); b) i controlli esterni sono, invece, quelli che l’ASL territorialmente competente, anche avvalendosi dell’ausilio laboratoristico delle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, è chiamata ad eseguire, onde garantire che l’acqua somministrata dai gestori soddisfi i requisiti di legge […]. Ebbene, alla stregua della disciplina richiamata, né il primo né il secondo dei suindicati livelli di controllo sulla qualità dell’acqua per il consumo umano erogata alla struttura de qua compete all’amministrazione resistente [NdA il Comune][…].”
In ragione di quanto esposto è quindi possibile concludere che il Comune non ha competenze in ordine alla verifica ed al controllo sulla potabilità dell’acqua distribuita dalla rete idrica, essendo tali competenze rimesse al Gestore e all’ASL.