La liberalizzazione delle miscelazioni non vietate dall’art. 187, c. 1 del TUA (cioè di rifiuti pericolosi aventi le stesse caratteristiche di pericolosità e fra rifiuti non pericolosi) è costituzionalmente legittima?

Contenuto

Il comma 3-bis dell’art. 187 del TUA, introdotto dall’art. 49, comma 1 della legge n. 221 del 2015 (c.d. Green Economy) sottraeva ad autorizzazione la miscelazione di rifiuti pericolosi aventi le stesse caratteristiche di pericolosità (elencate nell’Allegato I della Parte IV del D.Lgs. 152/2006) e quella fra rifiuti non pericolosi.

L’art. 187, al comma 1 detta, infatti, in via generale il divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi con differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi.  Il divieto trova anche una deroga al comma 2, che consente la miscelazione in deroga di rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità tra loro o con altri rifiuti, sostanze o minerali, può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209, e 211 al rispetto delle seguenti condizioni: 

  • l’impatto negativo della gestione dei rifiuti sull’ambiente non risulti accresciuto;
  • l’operazione di miscelazione dei rifiuti sia effettuata da un ente o una impresa che sia in possesso di una autorizzazione di cui agli artt. 2083 2094 e 2115 del TUA;
  • l’operazione di miscelazione sia effettuata in conformità alle migliori tecniche disponibili.

Una tale formulazione ha condotto a ritenere non vietate le miscelazioni tra rifiuti non pericolosi e le miscelazioni tra rifiuti pericolosi aventi le stesse caratteristiche di pericolo.

La Corte Costituzionale1 ne ha poi dichiarato l’illegittimità2, in estrema sintesi per tre motivi3:

  • violazione della direttiva 2008/98 in tema di autorizzazioni per il trattamento dei rifiuti, nella quale rientra anche la miscelazione;
  • lesione della competenza regionale in materia di tutela della salute4;
  • lesione della funzione autorizzatoria delle regioni in materia di trattamento dei rifiuti, avente rango costituzionale5.

Si è dichiarata, dunque, l’illegittimità costituzionale dell’art. 49 della legge n. 221 del 2015 che aveva introdotto il comma 3-bis nell’art. 187.


1 Corte Costituzionale del 12 aprile 2017, n. 75.

2 Si veda “Miscelazione, sì. Miscelazione, forse. Miscelazione, no. La Corte Costituzionale è intervenuta” di C. Annaloro in Ambiente Legale Digesta luglio-agosto 2017.

3 Miscelazione dei rifiuti: gli effetti della incostituzionalità dell’art.49 della legge sulla green economy” di P. Fimiani in Rifiuti n. 252 luglio 2017.

4 La Corte costituzionale ritiene che “la violazione dell’art. 23 della citata direttiva si traduce in una lesione indiretta delle competenze costituzionali regionali. Il collegamento fra la disciplina ambientale, e in particolare quella dei rifiuti, e la tutela della salute è pacifico, risultando dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 58 del 2015, n. 244 del 2012, n. 373 del 2010, n. 249, n. 225 e n. 61 del 2009, n. 62 del 2008), dalla direttiva 2008/98/CE (si vedano il preambolo e, in particolare, gli artt. 1, 12, 13 e 17) e dal codice dell’ambiente (si vedano, in particolare, gli artt. 177, 179, 182-bis, 191 e 208, comma 1). Tale collegamento è stato affermato anche con specifico riferimento alla miscelazione dei rifiuti, come risulta dal punto 43 del preambolo e dall’art. 18, paragrafo 2, lettera b), della direttiva n. 2008/98/CE, nonché dall’art. 187, comma 2, del codice dell’ambiente. Si deve concludere dunque che la norma statale impugnata è idonea a condizionare la competenza legislativa regionale in materia di tutela della salute e in concreto, per quanto riguarda segnatamente il caso in esame, rende parzialmente inapplicabile la disciplina adottata dalla Regione Lombardia al fine di regolare le miscelazioni dei rifiuti, ossia il decreto della Giunta regionale 6 giugno 2012, n. 3596, e il decreto del Dirigente della Struttura autorizzazioni e innovazione in materia di rifiuti 4 marzo 2014, n. 1795”.

5 La Corte Costituzionale afferma che “alla funzione autorizzatoria delle regioni in materia di trattamento dei rifiuti, il cui esercizio risulta ora escluso dalla norma impugnata per certe fattispecie, deve riconoscersi rango costituzionale, giacché l’art. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006, che attribuisce alle regioni tale funzione, applica il principio di sussidiarietà di cui all’art. 118, primo comma, Cost., specificamente ribadito per la materia ambientale dall’art. 3-quinquies, comma 3, del codice dell’ambiente. La violazione della direttiva determina, dunque, anche la lesione indiretta dell’autonomia amministrativa costituzionalmente garantita alla Regione”.

Contatta il nostro servizio clienti ed ottieni in tempi brevi tutte le informazioni necessarie nonché preventivi gratuiti.
Ambiente Legale dalla parte delle aziende.
RICHIEDI INFORMAZIONI