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In una recente sentenza del TAR Sicilia1, si è affrontato il problema della qualificazione come rifiuto della plastica consegnata dal cittadino presso macchinette eco-conferitrici.
La controversia in esame, infatti, aveva per oggetto l’accertamento della legittimità di un provvedimento emesso da un’Amministrazione Comunale con cui si negava la possibilità ad un operatore privato, non gestore del servizio pubblico dei rifiuti, di raccogliere presso esercizi commerciali, i rifiuti di plastica provenienti da utenze domestiche da avviare al recupero.
Uno dei punti controversi tra le parti, dunque, afferiva proprio alla natura di “rifiuto” del materiale plastico raccolto dalla ricorrente, in quanto l’amministrazione sosteneva si trattasse di rifiuto e la parte ricorrente, invece, di risorsa2.
Ebbene, nell’analisi dei motivi di ricorso presentati, il TAR Sicilia ha affermato che la plastica portata dai cittadini agli eco-conferitori non trasformata e non recuperata è rifiuto.
Più precisamente si tratterebbe di rifiuti di imballaggio ai sensi dell’art.218, comma 1, lettera f), del d.lgs. del 3 aprile 2006, n.152 (di seguito TUA).
Nella specie rifiuti che derivano da imballaggi primari ovvero quelli concepiti in modo da costituire, nel punto di vendita, un’unità di vendita per l’utente finale o per il consumatore (art.218 lett. b TUA).
Pertanto, si tratterebbe di rifiuti domestici ai sensi dell’art.184, comma 2, lettera a), del TUA in quanto provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione ed in particolare rifiuti domestici destinati al recupero.
A supporto di tale conclusione si argomenta che nella nozione di rifiuto rientra qualsiasi sostanza o oggetto di cui il detentore si disfi, in qualsiasi maniera detta operazione sia compiuta3.
In particolare, la nozione di rifiuto non dipende dalla natura del materiale (che abbia o meno valore economico, che sia riutilizzabile o meno), né dall’uso che terzi faranno del materiale stesso una volta che questo sia uscito dalla sfera di controllo del produttore/detentore, ma esclusivamente dalla volontà di quest’ultimo di non voler più utilizzare il materiale stesso, secondo la sua funzione economica di origine.
Tanto più che l’art. 184-ter del TUA stabilisce, al primo comma, che un rifiuto cessa di essere tale, quando è sottoposto ad un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo (ma non prima). Il successivo comma 5 dello stesso art. 184-ter prevede che “la disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto”.
In conclusione, quindi, la plastica consegnata dal cittadino agli eco-conferitori non trasformata e non ancora recuperata costituisce rifiuto e, in particolare, rifiuto di imballaggio ai sensi dell’art.218, comma 1, lettera f), del TUA. Essi costituiscono, pertanto, rifiuti domestici ai sensi dell’art.184, comma 2, lettera a), del TUA in quanto provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione ed in particolare rifiuti domestici destinati al recupero.