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Il Testo Unico Ambientale non fornisce una definizione puntuale di acque meteoriche di dilavamento, sicché la stessa deve essere ricavata per via di interpretazione, ricomprendendovi tutte le acque provenienti da una precipitazione atmosferica che, non essendo assorbite ovvero evaporate, dilavano su delle superfici scolanti. Nello specifico, le stesse, si distinguono in:
acque di prima pioggia, ossia quelle che cadendo durante la fase iniziale dell’evento meteorico, sono presumibilmente cariche di inquinanti, poiché dilavando sulle superfici scoperte ne assorbono le eventuali impurità. Ciò le rende particolarmente pericolose per l’ambiente e impone quindi l’uso di specifici sistemi di trattamento.
acque di seconda pioggia, ossia quelle acque che, cadendo in una fase successiva dell’evento meteorico, pur realizzando un dilavamento delle superfici delle aree scoperte, sono di norma non pericolose – poiché si presume che l’impurità sia stata precedentemente assorbita e/o rimossa (dal passaggio delle acque di prima pioggia) - e non necessitano quindi di particolari sistemi di trattamento.
Ciò posto, quanto al loro sistema autorizzativo - l’art. 1131, comma 1 T.U.A. dispone che: “Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni, previo parere del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, disciplinano e attuano:
a. le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate;
b. i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l’eventuale autorizzazione”.
Ulteriormente, il comma 3 del medesimo articolo prevede che le Regioni disciplinano altresì: “i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici”.
In forza delle su esposte previsioni normative, quindi, le acque di dilavamento possono essere oggetto di autorizzazione allo scarico, solo laddove ciò sia previsto e disciplinato da specifiche disposizioni regionali. Sicchè occorrerà guardare di volta in volta alla specifica normativa regionale prevista dalla Regione territorialmente competente.
Fuori dai casi indicati, le acque meteoriche non presentano una particolare disciplina autorizzativa o di controllo posto che secondo il comma 2 del medesimo art. 113 TUA prevede che: “Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto”.
Pertanto, si può in conclusione affermare che le acque meteoriche di dilavamento non sono soggette ad un regime autorizzativo particolare, a meno che ciò non sia espressamente previsto da specifiche disposizioni regionali.