Le terre e rocce da scavo posti all’interno di silos sono rifiuti?

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Un’azienda che ha riposto terre e rocce da scavo all’interno di “silos a trincea”, si domanda se le stesse debbano considerarsi rifiuti o al contrario possano qualificarsi come sottoprodotti, laddove detenuti per un successivo riutilizzo nell’ambito della propria attività.

I criteri per qualificare le terre e rocce da scavo come sottoprodotti vengono oggi disciplinati dal DPR 13 giugno 2017, n. 120. Nello specifico, al suo articolo 4, viene previsto che le stesse, per essere considerate tali devono:

a) essere generate durante la realizzazione di un’opera, di cui costituiscono parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale materiale;

b) il loro utilizzo deve essere conforme a quanto dichiarato nel piano di utilizzo (per i cantieri di grandi dimensioni) o nella dichiarazione di utilizzo (per i cantieri di piccole dimensioni) e deve avvenire:

1. nel corso dell’esecuzione della stessa opera (o di un’opera diversa), per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, miglioramenti fondiari o viari, recuperi ambientali oppure altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali;

2. in processi produttivi, in sostituzione di materiali di cava;

c) essere idonee ad essere utilizzate direttamente, ossia senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d) soddisfare i requisiti di qualità ambientale.

Al ricorrere di dette condizioni, dunque, le terre e rocce da scavo, potranno considerarsi sottoprodotti e quindi esulare dall’applicazione di tutte le regole previste in tema di gestione dei rifiuti. Verrà altresì evitata l’applicazione delle sanzioni previste per il caso di “abbandono di rifiuti”.

Sulla stessa linea, si pone la Cassazione - Cass. civ. Sez. V Ord., 28 marzo 2019, n. 86531  -  secondo la quale:

“In tema di terre e rocce di scavo nonché da materiale di demolizione, sono illegittime le sanzioni amministrative per abbandono di rifiuti qualora gli stessi (nella specie stati posti all’interno di “silos a trincea” e detenuti con l’obiettivo di riutilizzarli nell’ambito della propria attività) sono stati stoccati in vista del relativo riutilizzo per lavori edili”.

Questo perché, seguendo le argomentazioni della Corte:

chiunque abbandona, scarica o effettua deposito incontrollato di rifiuti, è sanzionabile;

per rifiuto si intende “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”;

le terre e rocce da scavo destinate all’effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati non sono considerati rifiuti se sono utilizzati, senza trasformazioni preliminari, secondo modalità approvate dall’autorità amministrativa;

tanto premesso, non vi sono i presupposti dell’abbandono, essendo stati i rifiuti stoccati in vista del relativo riutilizzo per lavori edili.

In conclusione, applicando tali concetti al caso di specie, significa dire che la nostra Azienda, laddove abbia depositato le terre e rocce in un silos di trincea al fine di un loro successivo riutilizzo diretto nell’ambito della propria attività - e abbia a tal proposito presentato uno specifico progetto di riutilizzo – non potrà vedersi addebitare il reato di abbandono di rifiuti.


1 Sentenza riferita alla normativa applicabile antecedentemente al DPR 120/2017, ma che può essere utilizzata quanto alla sua ratio applicativa.

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