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Ai sensi dell’art. 29-quattuordecies1 comma 3, così come sostituito dall’art. 7, comma 13, D.Lgs. n. 46 del 2014 si dispone che: “salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sola pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’ autorità competente nel caso in cui l’inosservanza: … c) sia relativa a scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa”.
La Cassazione2 ritiene che la violazione deve concernere gli scarichi recapitanti nei “corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa” e, dunque, le immissioni realizzate direttamente in un corpo idrico esistente nell’area tutelata. Altrimenti, si produrrebbe una incontrollabile dilatazione dell’area della rilevanza penale e si finirebbe per colpire condotte verificatesi anche a notevole distanza dall’area protetta che producano effetti all’interno dell’area protetta in virtù di meccanismi eziologici sottratti alla possibilità di controllo dell’agente e difficilmente ricostruibili nella loro sequenza causale.
In conclusione, onde evitare abnormi estensioni della portata precettiva della norma incriminatrice, si ritiene che abbiano rilievo penale soltanto le condotte di scarico realizzate direttamente sulle parti dei corpi idrici insistenti nell’ambito di un’area protetta.
1 Art. 29-quattuordecies, c. 1-3: “ 1. Chiunque esercita una delle attività di cui all’Allegato VIII alla Parte Seconda senza essere in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale, o dopo che la stessa sia stata sospesa o revocata è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 2.500 euro a 26.000 euro. Nel caso in cui l’esercizio non autorizzato comporti lo scarico di sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell’Allegato 5 alla Parte Terza, ovvero la raccolta, o il trasporto, o il recupero, o lo smaltimento di rifiuti pericolosi, nonché nel caso in cui l’esercizio sia effettuato dopo l’ordine di chiusura dell’installazione, la pena è quella dell’arresto da sei mesi a due anni e dell’ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro. Se l’esercizio non autorizzato riguarda una discarica, alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell’area sulla quale è realizzata la discarica abusiva, se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi. 2. Salvo che il fatto costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’autorità competente. 3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sola pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’ autorità competente nel caso in cui l’inosservanza:
a) sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i controlli previsti nell’autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all’articolo 29-decies, commi 4 e 7, a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell’autorizzazione stessa;
b) sia relativa alla gestione di rifiuti;
c) sia relativa a scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa”.
2 Cass. Sez. III, del 19 settembre 2017 n. 42572 (nel caso di specie lo scarico era collocato non nell’area protetta, quanto in un corpo idrico sito in una zona ad essa contigua, il quale, nel suo percorso a valle, attraversava, tra l’altro, una zona protetta e si ritiene che non ricorrano le condizioni per l’integrazione della predetta fattispecie contravvenzionale).