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Lo spandimento dei fanghi nelle vasche di essiccamento ha sempre costituito un’attività di non palese configurazione, imponendo di districarsi tra un’attività del ciclo di depurazione, un deposito preliminare o un’operazione di stoccaggio.
Specificamente in merito agli ultimi due profili è necessario preliminarmente sottolineare cosa si intende per tali concetti. Ebbene, il deposito temporaneo è “il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero e/o smaltimento, effettuato prima della raccolta”1, è un’attività, quindi, che anticipa la gestione.
Diversamente lo stoccaggio è definito come “le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell’allegato B alla Parte IV, nonché le attività di recupero di cui alla voce R13 dell’Allegato C, ossia le operazioni di messa in riserva, integrando vere e proprie attività di gestione.
In merito a tale differenza non trascurabile, la giurisprudenza aveva chiarito che l’accumulo di una rilevante quantità di fanghi nei letti di essiccamento, qualora risulti risalente nel tempo, costituisce un’attività di stoccaggio.
Precisamente, la Cassazione sosteneva che “l’accumulo di una consistente quantità di detti fanghi nei letti di essiccamento del depuratore, qualora risulti risalente nel tempo, costituisce attività di «stoccaggio» degli stessi, ossia un’attività di smaltimento consistente in operazioni di deposito preliminare di rifiuti, nonché di recupero degli stessi, consistente nella messa in riserva di materiali, non già un mero «deposito temporaneo» ossia un raggruppamento di rifiuti, prima della loro raccolta, nel luogo di produzione, per il quale è necessario che le successive operazioni di raccolta, recupero o smaltimento avvengano non oltre il successivo trimestre, ovvero il materiale raccolto non superi i venti metri cubi”2.
Tale orientamento trova conferma in una pronuncia della Cassazione che, sebbene non recente, rappresenta una pronuncia cardine in materia, ossia la n. 36096 del 2011, dalla quale risulta che un deposito temporaneo che viola le condizioni di legge comporta la configurabilità di un deposito preliminare o stoccaggio, attività che richiedono un titolo abilitativo, o l’abbandono nella forma del deposito incontrollato. Pertanto, l’attività di stoccaggio, così come definita dall’art. 183, comma 1 lett. aa)3, necessita dell’autorizzazione ex art. 208 TUA.
Ne consegue che, anche in ordine ai fanghi da depurazione, il deposito è libero, non disciplinato dalla normativa sui rifiuti, anche se sempre soggetto ai principi di precauzione ed azione preventiva che, in base alle direttive comunitarie, devono presiedere alla gestione dei rifiuti e che solo in difetto di anche uno dei menzionati requisiti, il deposito non può ritenersi temporaneo, ma deve essere considerato:
• deposito preliminare, se il collocamento di rifiuti è prodromico ad una operazione di smaltimento che, in assenza di autorizzazione o comunicazione, è sanzionata penalmente dal d. lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1;
• messa in riserva, se il materiale è in attesa di una operazione di recupero che, essendo una forma di gestione, richiede il titolo autorizzativo la cui carenza integra gli estremi del reato previsto dal d. lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1;
• deposito incontrollato o abbandono quando i rifiuti non sono destinati ad operazioni di smaltimento o recupero. Tale condotta è sanzionata come illecito amministrativo se realizzata da un privato e come reato contravvenzionale se tenuta da un responsabile di enti o titolare di impresa4.
In conclusione, al termine dell’attività che integra fase del ciclo di depurazione, la presenza dei fanghi nelle vasche di essiccamento è da intendersi come deposito temporaneo, alla violazione delle condizioni di cui all’art. 185-bis TUA, quindi, si potrebbe configurare una delle diverse attività summenzionate.