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Il Piano di Utilizzazione Agronomica (in acronimo PUA), è uno strumento tecnico1 atto a garantire la “corretta utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque reflue e del digestato e di un accurato bilanciamento degli elementi fertilizzanti, in funzione soprattutto delle caratteristiche del suolo e delle asportazioni prevedibili, sia in zone non vulnerabili che in zone vulnerabili da nitrati2”, ove vengono indicati i periodi per lo spandimento e le quantità limite di effluente.
Per talune aziende l’art. 5 del DM 25 Febbraio 2016 prescrive l’obbligatorietà della predisposizione del PUA.
Ai sensi dell’art. 43 del DM citato, il PUA, laddove obbligatorio, è condizione per l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque reflue e del digestato.
É dunque pacifico che per le aziende soggette all’obbligo di predisposizione del PUA, la mancata adozione del piano comporti delle responsabilità penali legate allo sversamento di reflui, venendo infatti a mancare una delle condizioni per l’utilizzazione agronomica del materiale.
Circostanza parzialmente diversa è quella in cui l’azienda abbia correttamente predisposto il PUA ma, all’atto dello spandimento, non vengano rispettati i limiti ivi imposti a garanzia della distribuzione e del bilanciamento delle sostanze fertilizzanti in base ai fabbisogni dei terreni e delle colture.
Secondo la Suprema Corte, che si è espressa sul punto, la condotta in questione ha rilevanza penale atteso che “l’utilizzazione agronomica dei reflui provenienti da attività d’allevamento del bestiame, al di fuori dei casi o dei limiti consentiti, continua ad integrare il reato previsto dall’art. 137, comma 144”.
La fattispecie di cui all’art. 137 (Sanzioni penali) comma 14 D.Lgs 152/2006, prevede e punisce infatti, la condotta di chiunque utilizzi ai fini agronomici effluenti di allevamento, di vegetazione e reflue delle aziende agricole e agroalimentari, in violazione delle procedure di legge, ovvero al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.
E segnatamente, ai sensi della norma in commento, “Chiunque effettui l’utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all’articolo 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all’ordine di sospensione dell’attività impartito a norma di detto articolo, è punito con l’ammenda da euro millecinquecento a euro diecimila o con l’arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui l’utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente”.
In conclusione, secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte, l’utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici in violazione dei limiti previsti del PUA, ha rilevanza penale ed è punita ai sensi dell’art. 137 comma 14 D.lgs152/2006.