Lo spandimento su terreno incolto può ritenersi fertirrigazione?

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La disciplina della fertirrigazione si pone in deroga rispetto alla normativa sui rifiuti, e, come noto, affinché il materiale destinato all’utilizzazione agronomica sia escluso dal novero dei rifiuti e, conseguentemente, dalla relativa disciplina, devono ricorrere alcune condizioni.

Condizione imprescindibile risulta essere l’effettiva utilizzazione agronomica del materiale da sottrarre alla disciplina di cui al libro IV del D.Lgs. 152/2006, che presuppone, a sua volta, che sul terreno destinato a ricevere il trattamento insistano delle colture, affinché, dallo spandimento, possa dirsi derivare una qualche utilità ai fini agronomici.

La giurisprudenza è concorde nell’escludere la fertirrigazione in mancanza di colture sul terreno interessato dallo spandimento, e ricondurre perciò il materiale nell’ambito dei rifiuti e lo spandimento in assenza dei requisiti di legge, nella fattispecie di cui all’art. 256 D.Lgs. 152/2006, quale gestione non autorizzata dei rifiuti.

Valga la pena citare alcune delle pronunce più significative sul punto.

“Presupposto imprescindibile per l’effettuazione della pratica della fertirrigazione è l’effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze, la quale implica che l’attività sia di una qualche utilità per l’attività agronomica e lo stato, le condizioni e le modalità di utilizzazione delle sostanze compatibili con tale pratica. In altre parole, deve trattarsi di un’attività la cui finalità sia effettivamente il recupero delle sostanze nutritive ed ammendanti contenute negli effluenti e non può risolversi nel mero smaltimento delle deiezioni animali. Da ciò consegue la necessità che, in primo luogo, vi sia l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento [...]”1.

“Né ha alcun fondamento la censura relativa alla mancata prova dell’elemento oggettivo del reato, atteso che non può certamente parlarsi di attività di fertirrigazione, essendo circostanza fattuale pacifica che le acque reflue erano destinate ad un terreno incolto e non già ad essere impiegate mediante apposite canalizzazioni con l’obiettivo di fertirrigazione di un terreno destinato a colture”2.

“La pratica della fertirrigazione, che sottrae il deposito delle deiezioni animali alla disciplina sui rifiuti, richiede, in primo luogo, l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento [...]”3.

“Come affermato di recente da questa Corte (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 5039 del 17/01/2012 Ud. dep. 09/02/2012 Rv. 251973), presupposto imprescindibile per l’effettuazione della pratica della fertirrigazione è l’effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze, la quale implica che l’attività sia di una qualche utilità per l’attività agronomica e lo stato, le condizioni e le modalità di utilizzazione delle sostanze compatibili con tale pratica. In altre parole, deve trattarsi di un’attività la cui finalità sia effettivamente il recupero dette sostanze nutritive ed ammendanti contenute negli effluenti e non può risolversi nel mero smaltimento delle deiezioni animali. Da ciò consegue la necessità che, in primo luogo, vi sia l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento [...]”4.

“la pratica della “fertirrigazione”, la cui disciplina si pone in deroga alla normativa sui rifiuti, presuppone l’effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze e la compatibilità di condizioni e modalità di utilizzazione delle stesse con tale pratica (Sez. 3, n. 15043 del 22/01/2013, Goracci, Rv. 255248); richiedendo altresì, in primo luogo, l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento (cfr. Sez. 3, n. 5039 del 17/01/2012, Di Domenico, Rv. 251973; Sez. 3, n. 40782 del 06/05/2015, Valigi, Rv. 264991)”5.

In conclusione, può pacificamente affermarsi che la presenza di colture sul terreno oggetto di spandimento sia requisito essenziale per la fertirrigazione, in mancanza lo spandimento dovrà annoverarsi tra le ipotesi di gestione non autorizzata di rifiuti.


1 Cass. pen. Sez. III, Sent. del 09 febbraio 2012, n. 5039.

2 Cass. pen. Sez. III, Sent. del 24 luglio 2013, n. 32059.

3 Cass. pen. Sez. III, sent. del 06 maggio 2015, n. 40782 (rv. 264991).

4 Cass. pen. Sez. III, Sent. del 02 aprile 2013, n. 15043.

5 Cass. pen. Sez. III, Sent. del 02 maggio 2018, n. 18519.

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