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L’art. 484 c.p. si colloca all’interno del codice penale tra i delitti contro la fede pubblica1 e precisamente si riferisce a “Chiunque, essendo per legge obbligato a fare registrazioni soggette all’ispezione all’Autorità di pubblica sicurezza, o a fare notificazioni all’Autorità stessa circa le proprie operazioni industriali commerciali o professionali, scrive o lascia scrivere false indicazioni è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 309”.
Tale reato è c.d. proprio, in quanto il soggetto attivo può essere solo chi, per legge, sia obbligato a fare registrazioni in relazione ad una propria attività, ovvero a comunicare fatti inerenti ad una delle attività indicate dalla norma. L’oggetto del reato devono essere le registrazioni - rectius documentazioni - sottoposte all’ispezione dell’Autorità di pubblica sicurezza, e non di autorità diverse, oppure le notificazioni della medesima Autorità.
La norma è particolarmente ampia in quanto idonea a ricomprendere molteplici condotte, attive e passive, tuttavia, in merito alla tracciabilità dei rifiuti sussistono delle specifiche sanzioni nel Testo Unico Ambientale le quali devono essere valutate e raccordate con la fattispecie incriminatrice contestata.
Nello specifico,
• L’art. 258, comma 2, punisce con la sola sanzione amministrativa le irregolarità sul registro di carico e scarico prevedendo che: “Chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all’articolo 190, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria [...]”.
• L’art. 258, 4 comma del D. Lgs. n. 152/2006 sanziona invece le irregolarità sul FIR prevedendo che: “Chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa [...]. Si applica la pena di cui all’articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto”.
Potrebbe affermarsi la prevalenza della normativa ambientale su quella penale in base al c.d. principio di specialità, in virtù del quale in caso di antinomia tra due norme giuridiche prevale quella più specifica.
Tuttavia, quest’ultima non cessa di produrre i suoi effetti ma vede il suo ambito di applicazione ristretto ai casi in cui non trova applicazione la norma speciale che si pone con essa in un rapporto di regola ed eccezione.
Ed invero, in relazione al rapporto delle due norme – art. 258 del D. Lgs. n. 152/2006 e 484 c.p. - la giurisprudenza2 si è pronunciata ritenendo pienamente applicabile anche in materia di rifiuti l’art. 484 c.p.
In particolare, affermano i giudici della Suprema Corte che “l’art. 484 c.p. completa in modo organico la previsione normativa in materia di rifiuti rendendo il sistema sufficientemente completo in modo d’assicurare una più ampia tutela repressiva proprio nel momento fondamentale della formazione dei registri che hanno grande importanza nell’ambito dei controlli da parte degli organi addetti. Inserire perciò “false indicazioni” nei registri di carico e scarico integra il reato di cui all’art. 484 c.p.”.