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Il quesito trae spunto dalla recente pronuncia della Corte di Cassazione del 29 maggio 2020, n. 16436.
Nello specifico, nella controversia in questione, l’imputato, accusato del reato di cui all’art. 256 comma 3 del TUA, impugnava la sentenza di secondo grado con cui veniva disposto di non doversi procedere nei suoi confronti per l’avvenuta prescrizione del reato ma veniva comunque confermata la confisca obbligatoria del terreno su cui era costituita e mantenuta la discarica.
A fronte della suddetta sentenza in Corte di Appello, quindi, l’imputato presentava ricorso in Cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza con un unico motivo di ricorso ovvero la violazione di legge in relazione all’erronea applicazione dell’art. 256 comma 3 del TUA per la mancata revoca della confisca.
A tal proposito, infatti, il ricorrente lamentava che il giudice di secondo gravo aveva violato la legge in quanto la disposizione di cui all’art. 256 comma 3 che consentirebbe la confisca solo in caso di sentenza di condanna e di applicazione di pena ex art. 444 c.p.p. e non nel caso di sentenza di prescrizione, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità.
La risoluzione della controversia, pertanto, come affermato poi anche dagli Ermellini nell suddetta pro-nuncia, si basa sul testo dell’art. 256 comma 3 ai sensi del quale: “Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell’arresto da uno a tre anni e dell’ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell’area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi”.
Ebbene, la Corte di Cassazione, facendo leva sulle disposizioni della suddetta norma ha ritenuto il ricor-so fondato motivando che: “L’art. 256, comma 3 d.lgs.152 del 2006 stabilisce che “alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 cod.proc.pen.” consegue la confisca dell’area sulla quale è realizzata la di-scarica abusiva se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.
La confisca è, pacificamente, obbligatoria, come si desume dall’inequivoco tenore della norma, che non ammette alcuna al-ternativa, pur non indicando espressamente tale obbligatorietà come invece avviene nell’articolo 259, comma 2, dove viene utilizzata l’espressione «consegue obbligatoriamente la confisca». [...]
Il tenore della disposizione richiamata è, però, estremamente chiaro nello stabilire che la confisca è applicabile soltanto in caso di condanna o applicazione pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., tanto che la sua perentorietà è stata indicata tra le ragioni che consentono di escluderne l’applicabilità con il decreto penale di condanna (Sez.3, n. 26548 del 2/07/2008, Sez. 3, n. 24659, 15/06/2009)”.
Gli Ermellini, inoltre, hanno anche specificato che la confisca della discarica abusiva non poteva essere disposta nemmeno ai sensi dell’art. 240 comma 2 c.p. precisando che: “un’area adibita a discarica abusiva non rientra certamente tra le ipotesi di cui all’art. 240, comma 2 cod. pen., sia perché la realizzazione e la gestione di una discarica, se debitamente autorizzata, è lecita; quanto per il fatto che la disposizione che la prevede consente la soggezione a confisca obbligatoria solo se l’area appartiene all’autore o al compartecipe al reato”.
La Corte di Cassazione, pertanto, con la pronuncia del 29 maggio 2020, n. 16436 ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio la sentenza di primo grado ed ha ribadito il principio di diritto per cui, in base alle disposizioni dell’art. 256 comma 3, la dichiarazione di estinzione del reato per l’intervenuta prescrizione, comporta l’impossibilità di confiscare l’area adibita a discarica abusiva.