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Nel caso descritto le condotte che possono delinearsi sono di due tipi:
1. interposizione di manodopera;
2. intermediazione di manodopera e sfruttamento del lavoro.
Mentre nel primo caso la sanzione è contenuta all’interno del D.Lgs. 276/2003 nel secondo la questione si fa un po’ più spinosa.
La prima ipotesi può essere scomposta in tre diverse fattispecie e si caratterizza per l’utilizzo da parte di un imprenditore di prestazioni di lavoratori forniti da altri soggetti al di fuori dai casi consentiti dalla legge:
- il reato di somministrazione abusiva di lavoro, che punisce chi esercita l’attività di somministrazione di lavoro in assenza di autorizzazione ovvero fuori dalle ipotesi previste ed espressamente autorizzate;
- il reato c.d. di pseudo-appalto di cui all’art. 29 del D.lgs. 276/03 che punisce chi pone in essere un appalto, in assenza dei requisiti di un appalto lecito di cui all’art. 29 del medesimo D.Lgs.;
- il reato c.d. di distacco illecito di cui all’art. 30 del medesimo D.lgs. 276/03, che punisce chi pone in essere un distacco fittizio di un lavoratore.
La seconda ipotesi invece, è disciplinata dall’art. 603-bis c.p. il quale (a seguito della modifica occorsa con la L. 199/16) punisce sia l’intermediario (che fornisce la manodopera illegalmente) che l’utilizzatore della stessa, verificandosi lo sfruttamento del lavoro quando:
1. “recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
2. utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno”.
Leggendo con attenzione la norma in ultimo richiamata risulta subito evidente che per il suo verificarsi occorrono due ulteriori presupposti:
- lo sfruttamento del lavoratore e
- l’approfittamento dello stato di bisogno.
Quanto alla tipologia di sanzione, mentre nella prima ipotesi la contravvenzione è punita con l’arresto o l’ammenda, nella seconda invece, trattandosi di un delitto, lo stesso sarà punito con la reclusione e la multa.
Ulteriore sanzione connessa all’ipotesi di cui al delitto previsto nell’art. 603-bis c.p., attiene all’inclusione di tale fattispecie criminosa nel decalogo dei reati presupposto di cui all’art. 25-quinquies (reati contro la personalità individuale) comma 1 lett. a) del D.Lgs. 231/2001 che prevede pertanto sanzioni anche per l’ente e non solo per la persona fisica.
La società che pone in essere una delle condotte criminose di cui all’art. 603-bis c.p. infatti sarà punibile con la sanzione pecuniaria che va da 400 (fino ad un minimo di € 103.200,00) a 1000 (fino ad un massimo di € 1.549,00) quote e l’applicazione di una sanzione interdittiva non inferiore ad un anno.