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In ossequio alle disposizioni della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole e al fine di coordinare la normativa in materia di tutela delle acque, venne emanato il d.lgs. n. 152/99, recante disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento, che unificava le disposizioni vigenti nel settore, abrogando la legge Merli. Il panorama giuridico prevedeva, così, in tema di inquinamento una normativa di base rappresentata dal Decreto Ronchi (che disciplinava il regime dei rifiuti), che stabiliva deroghe con rinvio quanto all’’inquinamento idrico al Decreto acque1.
Gli scarichi ai sensi del d.lgs n. 152/992 sussistevano giuridicamente a condizione che vi fosse una immissione diretta tramite condotta. La disciplina sulle acque si applicava, pertanto, ogni volta che vi fosse uno scarico diretto tramite condotta, mentre negli altri casi si applicava quella sui rifiuti. A fronte di interruzioni tra la fonte di riversamento ed il corpo ricettore non aveva luogo uno scarico, ma si rientrava nel campo dei rifiuti liquidi, smaltiti ai sensi del Decreto Ronchi3.
Nel Testo Unico Ambientale la parte terza prevede “Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche”, che rappresentano una deroga rispetto alla normativa globale della parte quarta. Lo scarico è definito ai sensi dell’art. 74 lett. ff) del d.lgs. n. 152/06: “qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione”.
Ai sensi dell’art. 1854 comma 2, lett. a) del d. lgs. 152/2006 “2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento: a) le acque di scarico; b) […]”
Pertanto, le acque di scarico sono escluse dall’applicazione della disciplina sui rifiuti, in quanto regolate da altre disposizioni in materia.
In conclusione, al fine di classificare un’acqua come acqua di scarico evitando, dunque, l’applicazione della disciplina di cui alla Parte IV del Codice dell’Ambiente in tema di rifiuti dal legislatore sono richieste condizioni fondamentali:
l’esistenza di un sistema stabile di collettamento il quale canalizzi il refluo dal luogo di origine al corpo idrico recettore5;
che l’immissione avvenga senza soluzione di continuità6 e, pertanto, priva di interruzioni7.
Si badi, vi è irrilevanza di un nesso temporale tra l’attività che origina il refluo, la sua produzione, la sua conduzione e lo scarico nel corpo recettore8.