Quale sanzione interdittiva di cui al D.Lgs. 231/2001 viene comminata ad un ente il cui Legale Rappresentante abbia promesso denaro ad un pubblico ufficiale per velocizzare una pratica autorizzatoria?

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Il reato di istigazione alla corruzione è sanzionato all’art. 322 c.p. che al primo comma prevede che “Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell’articolo 318, ridotta di un terzo”.

Tale fattispecie rientra nel novero dei reati presupposto per la responsabilità amministrativa per fatto reato dell’ente di cui all’art. 25 del D.Lgs. 231/2001.

Ciò comporta una responsabilità per l’ente laddove il reato base (commesso da un dipendente o un apicale) gli abbia apportato un interesse o vantaggio.

Conseguenze della responsabilità 231 sono le sanzioni di cui agli artt. 9 e 10 del medesimo decreto che sono di natura pecuniaria e, laddove prevista, interdittiva.

Nel caso dell’istigazione alla corruzione di cui all’art 322 c.p., la pena per l’ente stabilita dall’art. 25 comma 1 è costituita:

- dalla sanzione pecuniaria fino a duecento quote (compresa quindi tra i 25.800 ed i 309.800 Euro)

- e dalla sanzione interdittiva prevista dal successivo comma 5 -del medesimo art 25 del D.Lgs. 231/2001- che prevede che “Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 2 e 3, si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a quattro anni e non superiore a sette anni, se il reato è stato commesso da uno dei soggetti di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), e per una durata non inferiore a due anni e non superiore a quattro, se il reato è stato commesso da uno dei soggetti di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b)”.

Dalla lettura del comma 5 riferito alle sanzioni interdittive per il reato in commento emerge che le stesse vengono commisurate sulla base del soggetto agente per il reato base distinguendo la durata dell’interdittiva di cui all’art. 9, a seconda che l’istigazione alla corruzione sia stata commessa da un apicale ovvero da un soggetto subordinato all’altrui direzione.

Detta modifica sulla durata della sanzione interdittiva è stata introdotta per il tramite dell’art. 1, comma 9, lett. b), n. 2), L. 9 gennaio 2019, n. 3 e per la prima volta ha introdotto nel decreto legislativo 231/2001 il meccanismo secondo cui l’interdittiva è più gravosa per l’ente laddove il reato base sia stato commesso da un soggetto apicale.

La nuova legge infatti aumenta la durata di tali sanzioni interdittive connesse ai commi 1 e 2 dell’art. 25 del decreto 231, calibrando la durata delle stesse che originariamente erano previste in ogni caso per una durata non inferiore ad un anno e non superiore a 2 anni.

Il nuovo sistema sanzionatorio invece prevede che:

- Nel primo caso (apicali), la durata delle interdittive sarà compresa tra 4 e 7 anni mentre

- nel secondo caso (sottoposti), la durata delle interdittive sarà compresa tra 2 e 4 anni.

Tale aumento della durata delle interdittive è stato previsto solo per i reati di concussione, corruzione propria, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita a dare e promettere utilità, istigazione alla corruzione propria in deroga (esplicita, in virtù di apposita integrazione) al disposto generale dell’art 13 citato decreto 231, che sancisce la durata massima di tali tipologie di sanzioni in 2 anni.

Non cambia, invece, la durata delle corrispondenti misure cautelari, le quali potranno avere durata massima di un anno oppure, se disposte dopo la sentenza di condanna di primo grado, 1 anno e 4 mesi.

In conclusione nel caso di istigazione alla corruzione commessa dal legale rappresentante di una società, la società risponderà ai sensi dell’art. 25 comma 1 del D.Lgs. 231/2001:

- sia con il proprio patrimonio (con una sanzione pecuniaria compresa tra le 100 e le 200 quote);

- che anche con sanzioni interdittive per una durata compresa tra quattro e sette anni in ragione della qualifica del soggetto agente per il reato base.

Si precisa in ultimo che le sanzioni interdittive sono applicabili solo in presenza delle condizioni di cui all’art. 13 (Sanzioni interdittive), articolo che al suo comma 2 stabilisce, proprio per il caso in esame, che “Fermo restando quanto previsto dall’articolo 25, comma 5, le sanzioni interdittive hanno una durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni” stabilendo un’apposita deroga proprio per il nuovo dettato normativo.

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