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La fattispecie di traffico illecito di rifiuti risulta integrata dalla condotta di colui il quale, attraverso un’attività organizzata, con allestimento di mezzi, compie più operazioni continuative di gestione di ingenti quantità di rifiuti (cessione, trasporto, esportazione, importazione, etc.), caratterizzate dall’abusività, al fine di trarne un ingiusto profitto.
Nel nostro ordinamento la fattispecie era inserita nel sistema sanzionatorio della parte IV del Testo Unico Ambientale (ove sono cristallizzate le disposizioni in tema di gestione dei rifiuti), e punita a titolo di responsabilità penale, con la pena della reclusione.
In particolare la fattispecie era prevista e punita dall’art. 260 (Attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti) del D.Lgs. 152/2006, articolo abrogato dall’art. 7, comma1 lett. q) del D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21 (Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell’articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103), entrato in vigore il 6 aprile 2018.
Contestualmente all’abrogazione dell’art. 260 TUA, nell’ambito delle modifiche in materia di tutela dell’ambiente apportate dal medesimo D.Lgs. 21/2018 (art. 3), è stato inserito nel codice penale l’art. 452-quaterdecies (Attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti1).
La fattispecie incriminatrice in questione è stata inserita nel codice penale in attuazione del principio della riserva del codice in materia penale da perseguire, mediante “l’inserimento nel codice penale di tutte le fattispecie criminose previste da disposizioni di legge in vigore che abbiano a diretto oggetto di tutela beni di rilevanza costituzionale2”, proprio in considerazione del rango costituzionale del bene “integrità ambientale”, che la norma mira a tutelare.
La norma ricalca integralmente l’abrogata disposizione del TUA, sia per quanto concerne gli elementi costitutivi della fattispecie di reato, sia in termini di entità della pena applicabile al responsabile, oltre che per quanto concerne gli aumenti di pena per la fattispecie aggravata, la confisca, il ripristino e le pene accessorie.
Il testo che di seguito si riporta, è rimasto inalterato:
“Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni.
Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.
Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter, con la limitazione di cui all’articolo 33.
Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell’ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente.
È sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca”.
Ai fini della responsabilità penale del soggetto la cui condotta integra la fattispecie prevista e punita a titolo di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, la novella legislativa non ha apportato alcuna sostanziale modifica, limitandosi l’intervento, ad una migrazione della fattispecie di reato, dal testo unico ambientale, al codice penale.