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La recente Direttiva 2018/815/UE1 - una delle quattro del c.d. pacchetto dell’economia circolare - ha modificato la nozione di rifiuti organici e introdotto quella di rifiuti alimentari.
Così il diritto ambientale prova ad adattarsi ai principi dell’economia circolare e di fatto si adegua a una realtà in costante evoluzione, che ora chiede di mantenere il più a lungo possibile la vita dei prodotti e incentiva pratiche di riciclo e recupero.
Ed invero, la definizione di rifiuti organici è stata recentemente modificata a opera dell’art. 1, par. 1, punto 3 della Direttiva 30 maggio 2018, n. 2018/851/UE, che è andato a incidere sull’articolo 3 punto 4 della direttiva 2008/98/CE, nei seguenti termini.
Sono rifiuti organici: “i rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, uffici, ristoranti, attività all’in- grosso, mense, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti equiparabili prodotti dagli impianti dell’industria alimentare”.
Finalità della nuova disposizione è garantire che tutti i rifiuti organici siano raccolti separatamente e sottoposti a un riciclaggio inteso ad assicurare un livello elevato di protezione ambientale2.
Quanto alla definizione di rifiuti alimentari, come in precedenza anticipato, questa si presenta come una novità. Nello specifico la stessa è stata introdotta dall’art. 1, par. 1, punto 3 della Direttiva 30 maggio 2018, n. 2018/851/UE, che è andato a modificare l’articolo 3 della direttiva 2008/98/CE mediante l’aggiunta del seguente punto: “«4 bis. «rifiuti alimentari», tutti gli alimenti secondo la definizione di cui all’articolo 29 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio\che sono diventati rifiuti”.
Tra questi sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l’acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento.
Non sono compresi:
a) i mangimi;
b) gli animali vivi, a meno che siano preparati per l’immissione sul mercato ai fini del consumo umano;
c) i vegetali prima della raccolta;
d) i medicinali ai sensi delle direttive del Consiglio 65/65/CEE e 92/73/CEE;
e) i cosmetici ai sensi della direttiva 76/768/CEE del Consiglio;
f) il tabacco e i prodotti del tabacco ai sensi della direttiva 89/622/CEE del Consiglio;
g) le sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi della convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961 e della convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971;
h) residui e contaminanti;
i) i dispositivi medici ai sensi del regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio”.
In aderenza alle considerazioni sopra esposte, la nuova definizione ribadisce che per rifiuto alimentare deve intendersi qualsiasi sostanza o prodotto destinato all’alimentazione umana, che è diventato un rifiuto in quanto colui che lo detiene se ne è disfatto, ha intenzione di disfarsene o gli è stato ordinato di disfarsene.
In conclusione, è necessario tener conto della modifica definitoria apportata dalla recente direttiva europea sui rifiuti organici e dell’introduzione di quella di rifiuti alimentari in quanto espressione dello sviluppo di pensiero europeo sempre più volto alla realizzazione degli obiettivi dell’economia circolare: quali la raccolta separata e gli obiettivi ambiziosi di recupero e riciclaggio.