Scarico di acque reflue industriali oltre i limiti di legge, quando è possibile invocare le garanzie difensive?

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Un’azienda, soggetta a controlli, si domanda quando è possibile invocare la necessaria presenza di un difensore (o di un consulente), al fine di verificare la correttezza formale del prelievo effettuato e della conservazione dei campioni fino alla loro analisi.

A rispondere, una recente sentenza della Cassazione penale - Sez. III, 10 luglio 2019, n. 3662 6- sulla base del seguente ragionamento:

i. occorre in primo luogo distinguere tra il prelevamento:

a. relativo ad attività di polizia giudiziaria (anche se precedente all’acquisizione della “notitia criminis”). Nel qual caso sono sempre invocabili le garanzie difensive di cui all’art. 220 disp. att. c.p.p., quali la presenza di un difensore o di un consulente di fiducia. Pena la nullità degli atti di controllo. 

b. e quello inerente ad attività amministrativa, durante la quale i diritti della difesa devono essere assicurati solo laddove emergano indizi di reato (dato che in tale eventualità l’attività amministrativa non può più definirsi “extra-processum”).

ii. Accertata la natura dell’attività di controllo in essere, la cognizione circa la sussistenza di indizi di reità, ancorchè non riferibili ad un soggetto specifico, deve risultare oggettivamente evidente a chi opera mentre effettua tale attività e non deve essere soltanto ipotizzata sulla base di mere congetture, per invocare le garanzie difensive di cui all’art. 220 disp. Att. C.p.p.

In ogni caso, l’avviso all’interessato del giorno, dell’ora e del luogo ove le analisi saranno effettuate:

i. può essere dato anche oralmente, in quanto per tale avviso non è prescritta alcuna forma specifica;

ii. non è previsto alcun termine minimo tra il prelievo e le successive analisi;

iii. è richiesto unicamente che detto termine sia comunque sufficiente a consentire all’interessato la possibilità di ottenere l’assistenza eventuale di un consulente tecnico.

In definitiva, secondo la Cassazione: “Nel corso dell’attività di vigilanza sugli scarichi idrici, il presupposto dell’operatività dell’art. 220, disp. att. c.p.p. non è l’insorgenza di una prova indiretta, quale indicata dall’art. 192 c.p.p., quanto, piuttosto, la sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall’inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata; la sussistenza di indizi di reità, ancorché non riferibili ad un soggetto specifico, deve comunque risultare oggettivamente evidente a chi opera mentre effettua tale attività e non deve essere soltanto ipotizzata sulla base di mere congetture, né può ritenersi possibile, dopo che un reato è stato accertato, sostenere che chi effettuava il controllo avrebbe dovuto prefigurarsi quale ne sarebbe stato l’esito”.

In conclusione, durante un controllo di natura amministrativa, se non sussistono elementi univoci indicativi della possibile sussistenza del reato (perchè riferibili anche ad altre evenienze o imputabili a diversi fattori) non è possibile invocare la necessaria presenza del difensore/consulente, per fare invalidare l’atto di controllo.

Viceversa,  in caso di attività di polizia giudiziaria, la presenza del difensore/consulente è sempre necessaria, pena la nullità dell’atto di controllo.

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