Si possono spandere i liquami zootecnici sul suolo indipendentemente da finalità agricole?

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Lo spandimento delle feci provenienti da animali per uso diverso da quello agricolo rientra nel campo di applicazione della disciplina dei rifiuti.

La cassazione nella recente pronuncia n. 9717 del 11 marzo 2020 si pronuncia in ordine ad una fattispecie nella quale un titolare di una azienda agricola aveva riversato sul terreno reflui e letame. È in questione la responsabilità ex art. 256 d.lgs. 152/2006.

Ebbene, la Corte ricorda il confine tra disciplina degli scarichi e dei rifiuti. La disciplina degli scarichi trova applicazione solo se il collegamento fra ciclo di produzione e recapito finale sia diretto ed attuato mediante una condotta o altro sistema stabile di collettamento costituito da un sistema di deflusso, oggettivo e duraturo, che comunque canalizza, senza soluzione di continuità, in modo artificiale o meno, i reflui fino al corpo ricettore. In tutti gli altri casi nei quali manchi il nesso funzionale e diretto delle acque reflue con il corpo recettore si verte invece nell’ambito della disciplina sui rifiuti. I liquami prodotti dall’allevamento di bovini, gestito da una azienda agricola, non sono assimilabili alle acque di scarico ex art. 101 comma 7 del d.lgs n. 152/061.

Il ragionamento prosegue argomentando che la riconducibilità della condotta all’art. 256 d. Igs. 152/2006 si potrebbe escludere solo quando le materie fecali sono impiegate nell’attività agricola. Quindi, indipendentemente dalla natura liquida o solida degli escrementi, si sarebbe dovuto, invece di spandere, stoccare nell’attesa dello spandimento a fini agricoli o in alternativa affidarli ad un’impresa autorizzata allo smaltimento.

In precedenti pronunce si era già affermato che la fertirrigazione, quale presupposto di sottrazione delle deiezioni animali alla disciplina sui rifiuti, richiede, in primo luogo, l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, nonché l’adeguatezza di quantità e qualità degli effluenti e dei tempi e modalità di distribuzione al tipo e fabbisogno delle colture e, in secondo luogo, l’assenza di dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione, quali, ad esempio, lo spandimento di liquami lasciati scorrere per caduta a fine ciclo vegetativo2.

Si presuppone l’effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze e la compatibilità di condizioni e modalità di utilizzazione delle stesse con tale pratica3.

In conclusione, al di là di una finalità agricola non possono spandersi liquami prodotti dall’allevamento di bovini della propria azienda.


1 Art. 101, comma 7: “Salvo quanto previsto dall’articolo 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:

a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;

b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame;

c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall’attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;

d) provenienti da impianti di acqua coltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d’acqua o in cui venga utilizzata una portata d’acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;

e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;

f) provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore”.

2 Cass. Sez. III, del 23 agosto 2019, n. 36367.

3 Cass. Sez. III, del 2 aprile 2013, n. 15043.

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