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L’art. 230 co. 1 del TUA statuisce che “Il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell’infrastruttura a rete e degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l’attività manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d’opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento”.
È evidente, quindi, che la norma sopra citata prevede un regime di favore – derogatorio delle regole generali in tema di deposito temporaneo - introducendo una fictio juris in merito al luogo di produzione del rifiuto che, infatti, può alternativamente coincidere con:
- la sede del cantiere che gestisce l’attività manutentiva;
- la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione;
- il luogo di concentramento dove il materiale tolto d’opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica.
Ciò posto, in ordine al quesito posto non può non osservarsi che in materia ambientale vige il principio secondo cui chi invoca un regime differenziato e di favore – quale quello di cui all’art. 230 co. 1 del TUA - ha l’onere di allegare la sussistenza di tutte le condizioni per la sua applicazione1. In sostanza, in tali ipotesi, l’onere della prova circa la ricorrenza della deroga è a capo di chi la invoca.
Onere che, tra l’altro, non può dirsi assolto con mere dichiarazioni soggettive dell’interessato, il quale, invece, deve fornire la prova piena delle ragioni per cui opera il regime differenziato invocato.
Sul punto, infatti, con specifico riferimento al regime in esame, la giurisprudenza2 ha chiarito che “l’onere della prova in ordine al verificarsi delle condizioni fissate per la liceità del deposito temporaneo grava sul produttore dei rifiuti in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria in tema di rifiuti (Sez. 3, n. 15680, 23 aprile 2010; Sez. 3, n. 21587, 17 marzo 2004;. Sez. 3, n. 30647, 15 giugno 2004).
Tale principio, specificamente riferito, nelle decisioni appena richiamate, al deposito temporaneo, è peraltro applicabile in tutti casi in cui venga invocata, in tema di rifiuti, l’applicazione di disposizioni di favore che derogano ai principi generali in tema di rifiuti”.
Alla luce della costante giurisprudenza richiamata è, quindi, evidente che l’onere della prova circa la ricorrenza delle condizioni sancite dall’art. 230 co. 1 del TUA ricade esclusivamente sul produttore dei rifiuti che, come noto3, in tale ipotesi è identificato nel manutentore stesso.
In conclusione, l’onere della prova circa la sussistenza delle condizioni per l’applicazione del regime derogatorio previsto dall’art. 230 co. 1 del TUA incombe su colui che invoca l’operatività di tale regime di favore – ovverosia sul manutentore.