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La situazione in esame fa chiaramente rimando all’art. 64 del D.Lgs. 81 del 9 aprile 2008 in materia di salute e sicurezza sul lavoro in quanto, l’omesso controllo descritto, deve essere ricondotto nella fattispecie di cui all’art. 64 (obblighi del datore di lavoro) del medesimo decreto.
Il comma 1 del citato art. 64 del D.Lgs. 81/2008 prevede infatti che:
“1. Il datore di lavoro provvede affinché:
a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all’articolo 63, commi 1, 2 e 3;
b) le vie di circolazione interne o all’aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l’utilizzazione in ogni evenienza;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all’eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento”.
Pertanto ai sensi della sopra citata disposizione, sussiste un obbligo giuridico in capo al datore di lavoro in ordine allo svolgimento della regolare manutenzione ed al controllo del funzionamento degli impianti e dispositivi di sicurezza diretti all’eliminazione dei pericoli.
Quanto alle sanzioni connesse all’inadempimento del suddetto obbligo, sovviene invece il disposto dell’art. 68 comma 1 lett. b) del D.Lgs. 81/2008 il quale dispone che è punito “b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.116,82 a 5.360,75 euro per la violazione degli articoli 64, comma 1, e 65, commi 1 e 2”.
Si tratta pertanto di un reato contravvenzionale, la cui sanzione prevede alternativamente l’arresto o l’ammenda e, riguardo all’ammontare di quest’ultima, si precisa essere stato rivalutato a decorrere dal 1 luglio 2018 dal D.Lgs. 12 del 6 giugno 20181.
A ben vedere il provvedimento di adeguamento delle sanzioni, ottempera a quanto previsto dall’art. 306 comma 4-bis del D.Lgs. 81/2008 il quale dispone che: “4-bis. Le ammende previste con riferimento alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente decreto nonché da atti aventi forza di legge sono rivalutate ogni cinque anni con decreto del direttore generale della Direzione generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in misura pari all’indice ISTAT dei prezzi al consumo previo arrotondamento delle cifre al decimale superiore”.
Quanto all’applicabilità dell’incremento dell’ammenda, questo potrà essere applicato ad eventi occorsi successivamente al 1 luglio 2018, pertanto sarà fondamentale verificare la data di accertamento della violazione dell’obbligo di mantenimento delle condizioni lavorative salubri da parte del datore di lavoro.
Fermo restando quanto sopra e per mero spunto riflessivo si precisa che nel caso descritto, sarebbe facilmente dimostrabile una colpa di organizzazione e, pertanto, la possibilità di comminare altresì -all’ente e non al datore di lavoro- una sanzione ai sensi dell’art. 25-septies del D.Lgs. 231/2001.
Un datore di lavoro che non abbia previsto regolare manutenzione e controllo del funzionamento per gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all’eliminazione dei pericoli è sanzionabile ai sensi dell’art. 68 comma 1 lett. b) del D.Lgs. 81/2008, laddove l’accertamento dell’omessa manutenzione sia intervenuto successivamente al 1° luglio 2018 allora gli importi dovranno necessariamente tenere conto della rivalutazione ISTAT occorsa in ottemperanza all’art. 306 comma 4-bis del medesimo Decreto 81/08.