Utilizzo in agricoltura: l’assimilazione riguarda gli insediamenti o i fanghi?

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L’art. 2 (Definizioni), del D.Lgs. 99/1992, recante le norme di “attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura” definisce i fanghi, quali residui derivanti dai processi di depurazione delle acque reflue, sia che derivino:

da insediamenti civili,

da insediamenti misti (civili e produttivi),

da insediamenti esclusivamente produttivi.

E segnatamente, ai sensi del nominato articolo, si intendono per fanghi: “i residui derivanti dai processi di depurazione:

1) delle acque reflue provenienti esclusivamente da insediamenti civili come definiti dalla lettera b), art. 1-quater, legge 8 ottobre 1976, n. 670;

2) delle acque reflue provenienti da insediamenti civili e produttivi: tali fanghi devono possedere caratteristiche sostanzialmente non diverse da quelle possedute dai fanghi di cui al punto a.1.;

3) delle acque reflue provenienti esclusivamente da insediamenti produttivi, come definiti dalla legge 319/76 e successive modificazioni ed integrazioni; tali fanghi devono essere assimilabili per qualità a quelli di cui al punto a.1. sulla base di quanto disposto nel successivo articolo 3.1”.

Con espresso riferimento ai fanghi derivanti dai processi di depurazione dei reflui provenienti da insediamenti produttivi, la norma in commento, ne impone l’assimilazione per qualità a quelli derivanti dai processi di depurazione dei reflui civili.

Ciò a conforto dell’utilizzabilità degli stessi in ambito agronomico, purché siano assimilabili a quelli derivanti dai reflui degli insediamenti civili.

Ed invero, sebbene non sia pacificamente ammesso, in dottrina, l’uso agronomico dei fanghi derivanti dai processi di depurazione dei reflui industriali e artigianali (impianti produttivi), recentemente il Consiglio di Stato1  ha precisato che il divieto di utilizzo dei fanghi in agricoltura non possa essere ancorato a valutazioni aprioristiche, ma solo a dati scientifici che dimostrino l’effettiva dannosità degli stessi.

Sul concetto di assimilazione, si è recentemente espresso  il TAR Toscana2, precisando che l’assimilazione richiesta quale condizione per l’utilizzo in agricoltura dei fanghi provenienti dai processi di depurazione dei reflui degli impianti produttivi, non si riferisce agli insediamenti, bensì “ai fanghi prodotti all’esito dello specifico ciclo di trattamento che ne renda compatibile l’impiego con la destinazione finale, dovendo il fango essere ricondotto alle stesse caratteristiche di un fango derivante da scarichi civili e quindi depurato di tutte quelle componenti di contaminazione tipicamente di origine industriale”

Non è possibile escludere a priori l’utilizzabilità di fanghi originati dalla depurazione di reflui industriali e artigianali, in quanto occorre verificarne la compatibilità attraverso dati scientifici ed in particolare occorre indagarne l’assimilabilità, per caratteristiche qualitative, rispetto ai fanghi derivanti dalla depurazione di reflui civili, attraverso l’analisi qualitativa del fango rispetto alla destinazione e non dell’attività produttiva dell’impianto da cui è originato il fango.


1 Consiglio di Stato, sez. IV, sent. del 6 giugno 2017, n. 2722.

2  TAR Toscana, sez. II, sent. del 19 giugno 2018, n. 887.

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