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Con il c.d. Ddl Salva Mare, approvato lo scorso 9 novembre 2021 in Senato, si è messa la firma su un disegno di legge che vorrebbe garantire una facile gestione, senza obblighi economici e adempimentali per il recupero – casuale e/o volontario – dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell’economia circolare.
La più grande novità, a tal proposito, è che il suddetto decreto interviene modificando anche la definizione di rifiuto urbano.
Al comma 6 dell’art. 2 del decreto, infatti, si legge che all’art. 183 comma 1 lettera b-ter) del decreto legislativo n. 152/2006 - definizione di rifiuti urbani - è aggiunto il seguente comma: “6 bis. i rifiuti accidentalmente pescati o volontariamente raccolti, anche attraverso campagne di pulizia, in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune”.
Da ciò, emerge come tali rifiuti - accidentalmente pescati e/o volontariamente raccolti - costituiscano a tutti gli effetti rifiuti urbani con ogni conseguenza in termini di gestione semplificata.
A tal proposito, è bene ricordare come la qualifica dei suddetti rifiuti a rifiuti speciali rischiava di generare criticità. Troppo spesso, infatti, proprio per la complessità della gestione - si pensi alla necessità di iscrizione all’Albo per il trasporto - venivano rigettati in mare da chi le recuperava vanificando, quindi, ogni volontà di salvaguardia.